Visualizzazione post con etichetta intervista. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta intervista. Mostra tutti i post

lunedì 27 luglio 2015

#4 Intervista a Desirèe Manzato - Antispecismo concreto

Desirèe con te mi sento come a casa quindi senza ulteriori inutili preamboli ti farò alcune domande.


G.B.: Tutti coloro che si stanno impegnando nella lotta per liberazione animale, umana e della terra hanno avuto ad un certo punto della loro vita come una scintilla illuminante che ha permesso loro di aprire gli occhi sulla realtà delle immani ingiustizie che i più deboli subiscono ogni giorno. Quale è stata la tua "scintilla"? come e perchè hai cominciato a lottare per la liberazione animale?

D.M.: Mah, ti dirò…sono sempre stata molto legata agli animali. Ho assistito fin da piccola alle varie sevizie autorizzate su di loro.
Nonni cacciatori, zii macellai, nonne abituate a “gestire” pollai per l’autoconsumo familiare più mettici un po’ di pesca qua e là (mio padre spesso mi portava a pescare con lui, idem suo padre) ma continuavo a dissociare inconsciamente gli animali con i quali mi rapportavo da vivi da quelli che poi ritrovavo nella pentola.
Però piano piano iniziai a farla la connessione, forse già da quando mia nonna mi servì arrostito per bene quello che per qualche tempo era stato il mio pulcino domestico.
Spiego brevemente...Mi regalò uno dei pulcini destinati al suo pollaio, me ne presi cura fino a quando mia madre non sclerò perché era stanca di avere un polletto che scagazzava per casa, e lo riportammo dai nonni che lo misero nel pollaio insieme ai fratelli.
Ogni domenica lo tornavo a trovare e ogni domenica c’era pollo cotto in svariati modi e del quale mi nutrivo tranquillamente.
Fino a quando non venne la domenica in cui toccò al “mio” pollo…ricordo che andai a cercarlo, non lo trovai, corsi in casa chiedendo di lui e mi fu presentato nella teglia.
Un trauma.
Però rimasi sospesa nel limbo secondo il quale mangiare carne è normale per ancora qualche anno.
A 15 anni quindi ormai 20 anni fa, un documentario sullo sfruttamento, maltrattamento e uccisione di tutti gli animali senza distinzione di specie (rarissimo ai tempi: nel 1995 non c’era Facebook, non avevamo nemmeno l’ombra di un pc e figuriamoci se certe informazioni passavano per la tv) fu la mazzata finale.
Vedere-rivedere tutto in un colpo solo, concentrato in 30 fatali minuti, mi ha fatto rinunciare di colpo allo spezzatino mondiale di mia madre.
Però rimasi con la leggerezza che l’essere diventata vegetariana bastasse.
Ma non è così…con il passare degli anni mi rendevo conto che non stavo facendo abbastanza, che gli animali continuavano ad essere sfruttati ed uccisi, ma lavoravo in giro per l’Italia e procacciarmi cibo vegetariano già era difficile, figuriamoci vegano (anche se in verità ho scoperto poi quanto poco bastasse).
Complice una intolleranza mostruosa, nel 2010 finalmente diventai vegan.
Ma ancora mi sembrava di fare poco…conobbi allora persone della mia zona con le quali fare attivismo ed iniziai a fare presidi, banchetti informativi, manifestazioni ecc.
Ma niente..senso di impotenza ancora troppo alto..e l’animalismo fine a se stesso non mi rappresentava.
L’antispecismo lo conobbi grazie alla Rete VAI, dove conobbi Adriano Fragano e grazie ad Earth Riot imparai che non si può parlare e lottare di e per l’antispecismo andando a braccetto con le multinazionali e queste persone contribuirono tantissimo ad ampliarmi la prospettiva fino a farmi credere di poter davvero fare qualcosa di concreto, che andasse oltre al volantino dato alla persona giusta.. e dopo qualche anno mi ritrovai qui, con la persona davvero giusta nel luogo giusto dove poterlo fare.

G.B.: Il progetto Agripunk che tu e David state portando avanti è veramente importante per concretizzare la liberazione animale e l'antispecismo. Cosa ti ha portato a decidere di vivere ad Agripunk? Oltre ad un rifugio per animali salvati dalla mercificazione delle loro carni, cos'altro si potrebbe fare di incisivo e risolutorio per realizzare la liberazione animale?

D.M.: Quando conobbi David non era vegano, nemmeno vegetariano, ma era aperto, intelligente, stimolante e lottava da una vita per gli altri.
Abitava accanto ad un luogo che per me rappresentava l’inferno in terra, la cattedrale dello sfruttamento…un allevamento intensivo di tacchini per uno dei maggiori magnati del mercato di carne avicola.
Uno di quei posti che riesci a vedere e vivere solo se ci abiti vicino o se riesci ad entrarci per fare un’investigazione, quindi tradotto per i comuni mortali, un luogo che vedi solo nelle investigazioni.
Con David fu colpo di fulmine, iniziammo a frequentarci, venivo a trovarlo ogni 2 settimane e ogni 2 settimane mi portava a vedere quel posto per me fino a prima proibito ma al quale lui aveva accesso.
Io poi dovetti tornare al nord perché ero in cassa integrazione e mi avevano richiamato al lavoro, quindi lui mi seguì e lasciammo i tacchini detenuti in quell’allevamento, da soli.
A Natale tornammo qui e rivedere questo posto dopo 4 mesi fu per noi un colpo al cuore…decidemmo di tornare e di fare qualcosa, qualunque cosa, per dare una fine a tutto questo…tutto il resto ormai è storia, la storia che ben conosci.
Mi chiedi che cosa si può fare di incisivo e io ti rispondo... quello che abbiamo fatto noi, che poi è quello che ha fatto anche il Coordinamento Fermare Green Hill a Montichiari e che ci ha ispirato: piano piano, di continuo, con costanza, raccogliere informazioni, fare informazione, portare alla luce le sevizie nascoste, farsi ascoltare dagli abitanti, non avere paura di salire su un tetto per dare voce a chi è rinchiuso.
Questo abbiamo fatto…piano piano, senza salire sui tetti ma entrando di notte, fotografando e facendo vedere quello che fotografavamo alle persone giuste.
Non è una missione impossibile..chiunque ha vicino a casa un luogo di torture che sia un allevamento, una macelleria, un mattatoio.
Le proteste di piazza servono, certo, ma come abbiamo scritto nel primo comunicato di adesione alla campagna Nomattatoio, è davanti ai luoghi dello sfruttamento che si deve andare.
Una sera qui si discuteva di come fare qualcosa di incisivo e si parlò di questo.
Si portò questo esempio: se invece di sbatterci praticamente da soli, davanti a questo allevamento si fossero organizzati dei presidi, bloccati i camion, incatenati al cancello...si sarebbe risolto prima il problema? Probabilmente si!
Quindi il consiglio che posso dare è questo: andate a rompere le scatole nei posti giusti! Qualcosa di irregolare c’è sempre, non abbiate paura di agire in prima persona perché dietro ad ogni animale liberato, non ci sono sigle, associazioni o enti, ci sono solo persone che hanno le palle di cercare di cambiare il mondo.


G.B.: cosa ne pensi del movimento animalista? e di quello antispecista?

D.M.: Domanda di riserva? Lo sai come la penso…il movimento animalista ora come ora è limitante e limitato.
Come dice anche Simo Strummer, è ormai permeato di specismo.
Singole campagne a compartimenti stagni, il voler per forza legittimare i diritti di un animale in funzione al suo essere ridefinito “da compagnia” come se la funzione di animale domestico fosse l’unica che un animale deve avere per essere considerato un individuo meritevole di diritti di fatto annullando il proprio diritto fondamentale ed essenziale di essere semplicemente un animale al quale viene permesso di vivere la vita che più gli è consona a seconda della propria specie ed individualità.
Come ad esempio le campagne che paragonano cani ad altri animali..certo funziona per far connettere alla gente che hanno i medesimi diritti, ma porta tante persone a credere alla realtà distorta che una pecora, un vitello od una gallina siano come un cane quindi proiettano in quell’animale tutte le paranoie affettive che di solito si riversano sul cane (guinzagli, vivere in casa, cibo elaborato ed industriale, tosature ecc ecc ecc) il che va assolutamente contro al riconoscimento di ogni individuo nel rispetto delle sue meravigliose particolarità.
Su quello antispecista non saprei che risponderti…mi sembra che si stia cercando di affossarlo al grido di “agli animali non interessa nulla della politica” non considerando affatto che da quando ti alzi la mattina dal letto, qualsiasi scelta che fai durante il giorno, è una scelta politica.
Ci sono tantissime persone valide ma anche tanta confusione e litigi.
Si pensa di più a firmare petizioni on line piuttosto che bloccare i camion davanti ad un mattatoio, si pensa di più alle condivisioni delle foto (segnaletiche?) alle manifestazioni su Facebook piuttosto che al risultato reale e concreto di un’iniziativa.
Insomma penso che tanti parlino di antispecismo senza capire davvero la sua essenza, ma devo ancora capirla anch’io quindi lascio la parola agli esperti ed ai filosofi.
(In linea di massima comunque anche qui la penso come Simo, ho fatto l’errore di leggere la sua intervista prima di scrivere la mia e, ritrovandomi moltissimo in quello che dice lui non vorrei essere ripetitiva).


G.B.: credi che si potrà mai compattare il movimento animalista, in considerazione del fatto acclarato che è diviso in tanti piccoli gruppi?

D.M.: Auspicherei piuttosto una conversione da movimento animalista a movimento antispecista, in primis, ma la vedo ben dura visto lo zoccolo duro di “animalisti-che-me-frega-solo-degli-animali-e-l’uomo-si-deve -solo-estinguere” oltre ad animalari vari che non hanno la minima concezione di cosa necessita un individuo per essere davvero libero, fascio-animalisti che non capiscono che la liberazione animale non potrà mai avvenire se non ci sarà quella umana e della terra...
Secondo, credo che le suddivisioni per forza di cose ci saranno sempre…alcune sono necessarie, altre deleterie.
I piccoli gruppi è un bene che esistano, tante piccole realtà che condividono la stessa filosofia e che all’occorrenza si danno man forte tra di se piuttosto che tante individualità oppresse dietro ad una pettorina di grandi associazioni .
Però sarebbe bello che il rapporto fosse sempre costruttivo, le critiche reciproche finalizzate alla crescita…invece spesso ci si trova a scontrarsi di più tra attivisti perché ognuno crede di avere la verità in tasca.
Penso che ci vorrebbe un po’ più di spirito di collaborazione e meno egocentrismo, più partecipazione fisica e meno fisime da social, più iniziativa e meno polemica.


G.B.: cosa ne pensi delle grandi associazioni che si occupano di animali? (domandone :D )

D.M.: Ci sono associazioni ed associazioni.
Noi ad esempio non volevamo essere nulla, non ci andava di imporre un ordine gerarchico con soci ecc ma per le finalità del progetto stesso, ci siamo trovati a dover fare una onlus.
Questo non significa sovvenzioni statali o particolari fondi dal Comune, sia ben chiaro! Significa solo che il nostro progetto, i suoi obbiettivi e finalità e il suo modo di operare, sono stati riconosciuti come qualcosa di utile per la tutela degli animali e dell’ambiente e basta! Ogni tanto ci affidano e ci lasciano in cura anche animali selvatici, ce li lasciano in regola con tutto ma senza sborsare nemmeno un centesimo.
Ogni singola monetina raccolta con le attività (cene, banchini ecc) e con le donazioni confluisce esclusivamente nel progetto (cura degli animali, bonifica ambientale, costruzioni e restauri) il tutto nella più estrema chiarezza ed onestà.
Non prendiamo una vacanza da 3 anni, non andiamo a feste o concerti, non andiamo mai a mangiare fuori, la macchina anche se è mia la usiamo solo per estreme necessità correlate al progetto ed è una povera utilitaria con 14 anni di vita, 11 dei quali passati con la sottoscritta.
Tutto quello che avevamo è qui e viviamo in funzione di questo posto, siamo un’associazione solo perché per la mole del progetto, fare così era l’unica maniera per poter concentrare tutte le risorse nel progetto stesso.
Quello che stiamo facendo, stiamo riuscendo a farlo anche grazie all’aiuto di alcune associazioni, oltre che a gruppi spontanei e singole persone (e tu lo sai bene perché ne fai parte).
Ci sono tante associazioni che sono meritevoli di stima, i cui risultati si possono vedere e toccare, con attivisti che si mettono in gioco in prima persona.
Purtroppo però ci sono anche quelle che tendono ad annientare la singola persona e le singole idee, nascondendole dietro a sigle, bandiere e nomi uniformando e a volte banalizzando il messaggio che si vuole trasmettere.
Realtà piccole ed indipendenti a queste grandi associazioni danno noia, tolgono visibilità e fondi e per questo tentano di inglobarle ed annientarle.
Molte associazioni grosse avrebbero enormi potenzialità e potrebbero avere le risorse per fare tantissimo, ed era la cosa sulla quale avevamo puntato sia per far chiudere l’allevamento, sia per non farlo riaprire…ma abbiamo trovato sì tante persone meravigliose che stanno condividendo con noi tutto questo, ma anche tante porte sbattute in faccia.
Tutti vogliono sapere che facciamo, come funziona, i come cosa perché…ma poi vedi che ti fregano le idee, addirittura le parole, fraintendono o fanno finta di non capire, promettono mari e monti ma alla fin fine spariscono come neve al sole.
Però ad esempio alcuni dei nostri amici e sostenitori fanno pure parte di quelle associazioni, per assurdo.
Quindi ridiamo il potere e la voce ai singoli attivisti, non facciamoci inglobare nelle multinazionali anche in questo.

G.B.: se qualcun* volesse aiutare Agripunk, come e cosa potrebbe fare?

D.M.: Iniziare a pensare con la propria testa ed agire per la liberazione totale in prima persona.
Nel caso non vi sentiate ancora pronti, potete aiutare noi a costruire questa oasi selvaggia, convertire l’ormai ex allevamento, diffondere il nostro verbo (uahuah scherzo ovviamente) venendo a trovarci come volontari (previo colloquio super serissimo visti episodi di strani volontari che scompaiono nel nulla…arrivano quando gli dici di non arrivare e se ne vanno prima che ti sia alzato dal letto senza nemmeno lasciare un biglietto…Ale, si, parlo di te), organizzando eventi benefit qui da noi oppure nei vostri paesi, diffondendo il nostro materiale nei vostri banchini informativi oppure facendo un banchino per noi ai vari eventi (noi non sempre possiamo muoverci da casa..anzi), partecipando alle nostre iniziative.
A settembre vorremmo riprendere a fare eventi con ospiti dell’ambiente antispecista quindi se volete organizzare e venire come nostri ospiti e come relatori, contattateci.


G.B.: so che avete, tu e David, organizzato alcuni eventi diffusi su facebook e sul vostro blog per autofinanziarvi. Potresti ricordare ai lettori di G.B. date ed eventi ancora attivi?

D.M.: Certo! Abbiamo in corso la campagna Regala una colazione al mese che è una sorta di adozione a distanza di tutte le belve, poi organizziamo per tutta l’estate cene su prenotazione e/o pranzi nei week end (Agripunk Summer Week End).
Abbiamo anche una raccolta fondi su Buonacausa.org per la recinzione e la cartellatura di parte del confine.
Come ti dicevo prima, da Settembre e per tutto l’inverno organizzeremo degli incontri in cui ci sfameremo con le solite delizie della terra e poi ci prenderemo un caffè parlando di antispecismo con chi vorrà venire a dire la sua, tutti insieme.


G.B.: quali sono le difficoltà di gestione concreta di un rifugio per animali?

D.M.: La raccolta dei fondi, l’ignoranza di alcuni individui e le gelosie.
Ah ma aspetta, intendevi la gestione degli animali, ops…ultimamente facciamo più fatica a gestire le pubbliche relazioni che il rifugio...
Comunque, ogni animale che arriva qui ha una storia, un trascorso, un passato.
L’anno scorso ho frequentato lo stage di Vitadacani al Parco faunistico dell’Abatino, dove ho avuto la immensa fortuna di relazionarmi con gli animali delle più svariate specie e con le più svariate esperienze personali.
Questo mi è stato fondamentale per capire come relazionarmi con loro nel migliore dei modi.
C’è l’animale che è stato salvato, ha vissuto una vita serena ma per vari motivi non può più restare con il proprio amico umano, c’è l’animale che viene salvato e portato qui direttamente, c’è l’animale che ha subito maltrattamenti o traumi ecc. insomma, ognuno di loro va seguito e gestito secondo il caso specifico, secondo le sue esigenze specie-specifiche e a seconda di che trauma ha subito, se ne ha subiti.
Ognuno di loro però ha anche un carattere, un’individualità, un modo di comunicare.
Nei cortei gridiamo sempre giustificando che lo facciamo per chi non ha voce, cosa secondo me sbagliatissima perché ognuno di loro ha una voce, un linguaggio ben preciso ma siamo noi così specisti da pretendere che ognuno di loro impari a comunicare con noi secondo il nostro di linguaggio perché il loro non abbiamo il tempo e la voglia di impararlo.
Invece la cosa bella di vivere con loro, è proprio imparare il loro linguaggio, capire cosa vuole ognuno di loro anche solo con uno sguardo e quando ci riesci, ti si spalanca un mondo meraviglioso.
Entri in una dimensione in cui vedi che loro davvero ti considerano parte del loro mondo, un loro pari e non più un invasore o sfruttatore.
Imparare i loro versi, seguirli nelle loro attività, stare ad osservarli nascosta in silenzio mi sta facendo crescere sempre di più con la consapevolezza che una convivenza pacifica è davvero possibile e che tutti, se fatta nel modo più rispettoso della singola natura di ognuno di noi, ne possono trarre giovamento ma non solo! E’ l’unica via possibile.


G.B.: per chiudere ...un ultimo tuo pensiero/idea/aneddoto ce lo puoi lasciare?

D.M.: Idea assolutamente no perché sennò poi tanto le leggono e ce la fregano (eheheh).
Pensieri te ne ho lasciati un bel po'... dunque potrei raccontarti un aneddoto divertente oppure uno strappalacrime.. potrei raccontarti degli strani amori interspecie che nascono, potrei raccontarti di come gli animali selvatici iniziano ad avvicinarsi, potrei raccontarti l’emozione che ogni animaletto ferito ti da quando guarito torna alle sue cose, potrei raccontarti il canto dei grilli, quello dei rospi o di quello delle gazze, potrei raccontarti quanto è bello vedere quei 7 mostri vuoti, potrei raccontarti la malinconia serale di un tacchina…potrei raccontarti tante cose…qui ogni giorno ne accadono di ogni colore!
Ma preferisco lasciarti con un ringraziamento…a te e al resto della banda che sta permettendo che tutto questo sia possibile.
A tutte le persone che sono citate qui sopra e anche quelle non citate ma che sanno che sto parlando di loro, persone che ci hanno formato, ispirato, sostenuto e fortificato e che ci stanno accanto ogni giorno concretamente per realizzare questa cosa che non è più un sogno, ma una solida realtà, un albero ferrato con solide radici e con una linfa vitale da far paura a chi vorrebbe disboscare gli ideali sui quali è cresciuto.
Grazie anche a chi ci attacca, a chi non ci crede, a chi ci critica e a chi mette bocca senza sapere…tutto questo ci serve tantissimo ad essere ancora più determinati!
Detto ciò muoviti, Good Bear! Prendi il treno e vieni a tagliare un po’di legna!!

Carissima, è sempre una grande emozione per un cittadino come me interagire con Coco e Frida, Giorgina, Pablo, Giacomino e tutti gli altri meravigliosi esseri viventi, senzienti e liberi ospitati ad Agripunk: osservarli mi mette pace e serenità dentro e mi è di stimolo a continuare su questa nostra lunga e tortuosa strada che abbiamo insieme intrapreso. Verrò entro poco tempo da voi a tagliare legna per l'inverno o a fare qualsiasi altra cosa utile per le belvette. 
Un saluto fraterno. G.B.

Ringraziamo Desirèe che ci ha rilasciato questa, spero stimolante per lei, intervista.

INFO AGRIPUNK

COME AIUTARE1

#SOSTIENIAGRIPUNK

domenica 26 luglio 2015

#3 Intervista a Tino Verducci: attivismo e liberazione animale.

Bio: "Tino Verducci è coinvolto nell’attivismo radicale sin dagli anni '90 con il movimento di Liberazione Animale del Regno Unito che portò alla chiusura di parecchi centri di allevamento di bestiame e di animali da pelliccia.
Dallo scorso anno Tino gestisce un centro a Londra con altri movimenti sociali, e lavora sull’auto-organizzazione, sui progetti non gerarchici per un radicale cambiamento sociale.
Oggi lavora con "Animal Justice Project”, un’organizzazione internazionale non profit con base a Londra e Los Angeles impegnata a porre fine alla sperimentazione sugli animali e altre forme di specismo. E’ inoltre abituale relatore in Europa e negli Stati Uniti."











Tino sarà relatore alla Animal Rights National Conference 2015 per "Animal Justice Project" che si terrà a Washington (USA) dal 30.7.15 al 2.8.15.





Cominciamo questa interessantissima intervista a Tino Verducci per sapere e capire di più sul movimento per la liberazione animale in altri paesi del pianeta.

G.B.: Tutti coloro che si stanno impegnando nella lotta per liberazione animale, umana e della terra hanno avuto ad un certo punto della loro vita come una scintilla illuminante che ha permesso loro di aprire gli occhi sulla realtà delle immani ingiustizie che i più deboli subiscono ogni giorno. Quale è stata la tua "scintilla"? come e perchè hai cominciato a lottare contro le ingiustizie del sistema imperante?

T.V.: In verità ho avuto due “scintille”, la prima nel settembre/ottobre del 1985. Ero all’Oktoberfest a Monaco di Baviera e vedendo migliaia di persone che mangiavano insieme, all’improvviso ho pensato quanti animali sarebbero stati uccisi durante l’Oktoberfest e da quel momento sono diventato vegetariano.
La seconda scintilla, è avvenuta nel Marzo del 1987 durante la conferenza
“Noi e gli altri animali” http://www.radioradicale.it/scheda/20234/20259-convegno-noi-e-gli-altri-animali. Tra gli speakers c’era un portavoce del Animal Liberation Front che spiegava le tattiche e le liberazioni. Il suo discorso mi ha ispirato tanto che il primo dicembre dello stesso anno mi sono trasferito qui in Inghilterra.


G.B.: Quale è stato il successo o l'insuccesso che hai vissuto e che ti ha segnato più di tutti?

T.V.: Appartengo alla “vecchia guardia” del movimento, del movimento che è stato inspirato da Ronnie Lee, Keith Mann, John Curtin e tutti gli attivisti degli anni '90 che avevano la liberazione animale nel sangue.
Vedere chiudere Consort beagles, Save the Hillgrove Cats, Save the Newchurch Guinea Pigs ha fatto credere che si poteva raggiungere la liberazione animale. Poi subito dopo la campagna SHAC della repressione susseguente le connessioni con attivisti europei e americani
L’insucesso? Sono pessimista e ci sono tantissimi insuccessi ma, il momento più triste e stato il 16 Aprile 2014, mentre veniva annunciata la condanna a Debbie Vincent, per 6 anni di prigione per associazione di idee.
E’ stato un momento scioccante anche perchè c’era sempre stato un buon rapporto con Debbie.


G.B.: La tua vita attualmente è strettamente connessa alla realtà di Animal Justice Project (sbaglio?) che sta cercando di opporsi in questi giorni all'ampliamento del B&K in UK (allevamento di animali destinati ai laboratori di vivisezione, Marshall, Green Hill.). Ritengo veramente importante la campagna che state realizzando contro la suddetta multinazionale. Tuttavia, oltre all'informazione, alle manifestazioni ed ai sit-in di protesta cos'altro si potrebbe fare di incisivo e risolutorio per evitare l'ampliamento della struttura di B&K?

T.V.: Ho collaborato con Animal justice Project facendo delle ricerche su due campagne e ho stima per il loro lavoro ma non sono un loro portavoce.
Al  momento non c’è nessuna campagna attiva contro B&K (eccetto petizioni e email che non cambiano assolutamente nulla). Questo è un problema generale in Inghilterra, siamo d'accordo che la repressione ha tolto i più attivi del movimento militante ma, non ci sono persone con esperienza e idee per riportare il movimento indietro di 15/20 anni.
Cosa si puo’ fare per evitare l’ampliamento?
Prima di tutto il governo conservatore (e quello di prima laburista) sostengono la vivisezione e faranno di tutto per sostenere il mondo che loro chiamano “scienza”. Dobbiamo ricordare che per ben due volte il permesso era stato negato e probabilmente c’è stata una pressione al governo per cambiare decisione.
Questo allevamento si costruirà in un posto piccolo del nord est inglese e facendo continue proteste darà molto fastidio agli abitanti (motivo principale per cui era stato respinto l’ampliamento già due volte). Penso che questo sia l’unico modo per spingere gli abitanti ad una protesta di massa; ma ne dubito perchè B&K chiederà una ingiunzione subito per evitare proteste (c’è una storia di 100 stabilimenti che sono ricorsi a queste protezioni di legge per evitare proteste).


G.B.: Se qualcun* volesse aiutare l'attuale campagna contro B&K, come e cosa potrebbe fare?

T.V.: Rimanere in contatto con Animal Justice Project per “updates” sulla campagna. https://www.facebook.com/animaljusticeproject  http://www.animaljusticeproject.com.


G.B.: Cosa ne pensi dei movimenti animalisti? e di quello antispecista? Raccontaci un po' dei movimenti in UK e in USA...

T.V.: In Inghilterra come negli USA non si usa spesso la parola "antispecista" come la usate voi in Italia. In generale, sia negli USA che in Inghilterra, durante gli ultimi 8-9 anni le autorità hanno reso l'attivismo militante virtualmente impossibile. Tuttavia, allo stesso tempo abbiamo visto che le investigazioni hanno indotto il panico nelle industrie e provocato ridicole accuse contro gli attivisti coinvolti, (Austria e Spagna sono buoni esempi), ma il fatto sta che le campagne di maggior successo degli ultimi anni non hanno coinvolto qualsiasi azione illegale.
Quando si parla di perdita di numeri, posso dirvi che ho guardato il movimento UK essere decapitato numerose volte quindi non è una sorpresa che l'attivismo nel Regno Unito stia crollando.
La sfida è di trovare un nuovo modo di fare le cose, piuttosto che perseguendo le stesse idee vecchie fallite perché i nostri più grandi successi sono venuti sempre quando abbiamo cambiato il nostro approccio, e i nostri fallimenti più grandi sono venuti avendo perseguito tattiche non riuscite.

Se si studia la storia del movimento di quel periodo con le diverse leghe di liberazione dei primi anni '80 fino ai giorni nostri, il Regno Unito nella sua forma attuale nesessita di nuove idee piuttosto che ripetere quelle che non funzionano più.
È solo quando gli attivisti possono incontrarsi e condividere idee che portano nuovi approcci, si può sperare in un cambiamento.
Questo principio è stato usato negli USA dopo il SHAC7 e gli arresti ELF e sta portando attivisti nel movimento.

Abbiamo bisogno di costruire ponti con persone normali, non cercando di rieducare razzisti, Ronnie Lee aveva fatto questa proposta nel 1990 quando il sostegno pubblico per i diritti degli animali era comparativamente minuscolo.
Tuttavia, in questi tempi con i social media, c'è più sostegno per i diritti degli animali, ma per qualche motivo il movimento animalista non ha il sostegno concreto e dobbiamo guardare a noi stessi e pensare a quello che stiamo facendo realisticamente... e mi dispiace dire che la gente indossando un passamontagna marchiato e altre persone seminude (269 Life),  non è il look che dobbiamo adottare in futuro!

Dobbiamo, evidenziare le sofferenze degli animali, dobbiamo  creare un movimento hardcore di attivisti disposti a fare qualsiasi cosa per portare alla liberazione degli animali non umani.
Gli animali non hanno tempo per noi per educare i 7 miliardi di persone, molti dei quali non gli frega di nulla degli animali.
Dobbiamo uscire dal nostro guscio, dobbiamo uscire dal nostro “confort” e fare come le “suffragette” (https://it.wikipedia.org/wiki/Suffragette) che lottavano per il cambiamento all'interno della società: è il modo migliore e più efficace per portare cambiamenti agli animali non umani.
Dobbiamo uscire nelle strade e iniziare dialoghi con persone normali; quando mi riferisco a persone "normali", voglio dire le persone che non sono attive per i diritti degli animali e sono rappresentativi di una sezione trasversale della società e che dobbiamo interagire con loro.
Io non sto sostenendo cortei silenziosi che poi, generalmente riescono a trasmettere il messaggio desiderato, anche se almeno con un corteo funebre si fanno associazioni mentali immediate sulla morte degli animali che non fai quando guardi un umano marchiato.

Negli USA, il movimento Direct Action Everywhere (DxE) è diventato un culto.
Ma non sono d'accordo con loro: DxE sostiene di essere focalizzato su azione diretta ovunque e il loro obiettivo primario è di fare proteste all'interno di Whole Foods, Chipotles e Trader Joes - tre aziende che hanno promesso "trattamenti umani agli animali" ai loro clienti.
DxE  non prende di mira le grandi compagnie tipo, Walmart 3,000 negozi, McDonalds 18,000, KFC 30,000 e Burger King 12,000 oppure compagnie di allevamenti intensivi come Tyson/Smithfield.
DxE usa gridare e strillare invece di discuterne con calma con la gente per poi  promuovere l’obiettivo del veganismo pubblico.
DxE inoltre usa “leaders” e una “open policy” che ha già visto ragazze usate per sesso.
Se noi vogliamo lottare per un mondo antispecista dobbiamo togliere questi individui.
Se noi attivisti sembriamo normali, persone sane e felici, poi più persone vorranno diventare come noi. Se noi ci facciamo vedere arrabbiati, lunatici, misogini e razzisti o partecipiamo a rituali bizzarri e alienanti è molto meno probabile che le persone vogliano diventare attiviste. 


G.B.: cosa ne pensi delle grandi organizzazioni planetarie che si occupano di animali?

T.V.: Dipende dai nostri obbiettivi, le grandi organizzazione sono multi millionarie e rimarranno sempre cosi perchè sanno come fare soldi.
Quando inizi a pagare il personale per la tua organizzazione, inizi a pensare diversamente perchè il tuo primo obbiettivo è fare soldi e il secondo è quello di aiutare gli animali. Per fare quest’ultimo non puoi portare avanti un discorso abolizionista perchè le persone non ti seguiranno e daranno donazioni.
Purtroppo negli ultimi anni abbiamo visto il crescere di buone organizzazioni a livello di movimenti autonomi che hanno cambiato la loro prerogative.
Molta colpa è di persone tipo, Nick Cooney che ha portato l’idea di come fare più soldi con il suo libro “Change of Hearts”, oppure un altro brutto esempio è Animal Charity Evaluator, che dice puoi salvare un numero di animali per ogni euro donato.
Se sei un attivista, sai che l’unico animale salvato è quello liberato.
Però non posso, non ammettere che molte persone si sono avvicinate al movimento di liberazione animale grazie a queste grandi organizzazioni e molte lavorano bene.


G.B.: quali sono le difficoltà incontrate nel rendere efficaci le campagne di Animal Justice Project?

T.V.: Le campagne lanciate finora da Animal Justice Project sono state abbastanza efficaci; siamo andati nei piu’ grandi giornali inglesi come il Sunday Times, in radio e televisione.
AJP cerca di fare qualcosa di diverso in Inghilterra/USA e per ora siamo soddisfatti per come le campagne si sono sviluppate. Stiamo preparando altre campagne per attirare migliaia e migliaia di persone, però è un lavoro lento perchè siamo in pochi.
Dal 31 Luglio saremo a Washinghton per cercare di portare la nostra voce oltre Oceano perchè crediamo che abbiamo qualcosa di diverso e nuovo da offrire al movimento di liberazione animale.


G.B.: per chiudere ...un ultimo tuo pensiero/idea/aneddoto ce lo puoi lasciare?

T.V.: La mia ultima parola è quella che gli attivisti dovrebbero imparare più psicologia sociale perché sprechiamo troppo tempo a fare sempre gli stessi errori.

G.B. ringrazia infinitamente Tino per l'interessantissima intervista: è sempre costruttivo scambiare punti di vista ed esperienze diverse e per questo vi invito a leggere attentamente ed a ringraziare Tino per la sua disponibilità!

mercoledì 22 luglio 2015

#2 Intervista a Simo Strummer: Antispecismo e liberazione animale, umana e della Terra.

#OccupyMcDonaldsTOUR - Tappa di Modena
Ciao Simo! 
Oggi parliamo, se ti va e se vuoi, un po' di chi sei, rispettando ovviamente la tua privacy, e di come hai iniziato a lottare per la liberazione animale, umana e della terra. Con te mi sento come a casa per le affinità di pensieri ed idee, ed anche per l'amicizia, che ci legano. Gli intenti sono gli stessi: svegliare le persone dal torpore in cui sono cadute, informandole e protestando contro tutte le ingiustizie. 
Bene! Cominciamo...


G.B.: Tutti coloro che si stanno impegnando nella lotta per liberazione animale, umana e della terra hanno avuto ad un certo punto della loro vita come una scintilla illuminante che ha permesso loro di aprire gli occhi sulla realtà delle immani ingiustizie che i più deboli subiscono ogni giorno. Quale è stata la tua "scintilla"? come e perchè hai cominciato a lottare contro le ingiustizie del sistema imperante?


S.S.: Dici bene quando parli di “scintilla”, rende perfettamente l'idea e nel mio caso, ma penso che sia così per molti, è stato proprio come se si accendesse un interruttore.
Si può dire che il tutto sia iniziato a Pisa nella primavera del 2011.
Pisa per il mio percorso personale rappresenta una tappa fondamentale, ho vissuto lì per un paio d'anni, ufficialmente per ragioni universitarie, ma in realtà il grosso del mio impegno era dedicato ad altro. Da che ho memoria ho sempre fatto, in un modo o nell'altro, attivismo antifascista, e nel tempo trascorso a Pisa mi sono interessato di varie tematiche sociali interne ed esterne all'ambito universitario. Arrivato ad un certo punto però ho iniziato a percepire la mancanza di un tassello, sentivo le lotte che conducevo come incomplete e spesso incoerenti, come se mancasse un anello a completare quel processo di uguaglianza che l'antifascismo dovrebbe rappresentare.
Nel primo dei due anni trascorsi a Pisa ho avuto la fortuna di convivere con quella che è la mia migliore amica, vegana da anni, ma a quel tempo io non ero neanche ancora vegetariano. Sapete cosa ha fatto lei per aiutarmi ad aprire gli occhi? Assolutamente nulla.
Non mi ha mai attaccato, non mi giudicava, al massimo ogni tanto ci trovavamo a scambiarci punti di vista su alcuni aspetti, ma non mi ha mai imposto nulla ed è stato grazie a questo suo paziente comportamento che piano piano mi sono reso conto di un'infinità di cose, aspetti della vita che si ritengono naturali solo perché si è stati cresciuti in un determinato modo.
Quello che voglio dire è che l'antispecismo non può giungere come una imposizione, sarebbe un processo fallimentare, bisogna mostrare la verità, raccontarla e spiegarla, ma poi ad ognun* deve essere dato il modo e il tempo di metabolizzare i principi espressi, comprenderli: gli occhi vanno aperti perché è cambiata la coscienza delle cose, non per un ordine impartito.
Per me è andata così e credo fermamente che questa sia la strategia corretta: “la forza della verità”, e nell'aprile del 2011, grazie nuovamente ad una dritta di questa mia cara amica, partecipai alla mia prima manifestazione antispecista a Firenze, contro la strage degli agnelli per le “feste” di Pasqua.
Da quel giorno iniziai a documentarmi, a studiare e comprendere l'antispecismo, a mettermi in gioco ogni giorno perché la forza dell'antispecismo è proprio quella di non sentirsi mai arrivati, deve essere un percorso che dura tutta la vita, consapevoli che ogni giorno c'è qualcosa in più da imparare, perché ogni giorno, attraverso ogni azione quotidiana, possiamo determinare se essere parte del problema o la soluzione a quel processo di sfruttamento ambientale, animale e sociale etichettato come progresso.
Io amo l'antispecismo perché rappresenta e deve rappresentare il rispetto verso ogni forma di vita, partendo dal rispetto per il Pianeta che ci ospita, verso il quale dobbiamo provare gratitudine e fare quanto in nostro potere per tutelarlo e preservarlo.


G.B.: La tua vita attualmente è strettamente connessa alla realtà di Earth Riot che mi è sempre stata congeniale per i contenuti delle campagne ideate e per le lotte espresse contro un sistema capitalistico che tutto sfrutta per profitto. Ritengo veramente importante il boicottaggio di multinazionali per concretizzare la liberazione animale, umana e della terra. Sono tutte lotte antispeciste e non violente. Cosa ti ha portato a decidere di impegnarti in queste lotte? Cos'altro si potrebbe fare di incisivo e risolutorio per realizzare la liberazione animale, umana e della terra?

S.S.: Earth Riot è la mia vita, ad un certo punto del mio percorso mi sono reso conto della necessità di costruire una realtà che facesse comprendere come tutto sia collegato, come non si possa ragionare e agire a compartimenti stagni lottando per una causa alla volta perché automaticamente si trascurerebbero altre vittime. Il messaggio che cerchiamo di trasmettere tramite Earth Riot è che siamo tutt* Terrestri, ogni essere vivente ha il diritto di poter vivere in libertà su questo Pianeta che, come dicevo, non è proprietà di nessuno, ma un bene comune da tutelare, nel rispetto di ogni forma di vita.
Earth Riot parla di antispecismo denunciando i crimini delle multinazionali, e quindi dei vari marchi, perché tutto parte dalle scelte quotidiane compiute da ogni singola persona.
Questo è un momento storico in cui regna la disinformazione pilotata che porta le persone a non rendersi conto, o a disinteressarsi del peso che possono avere le proprie azioni che delegano quei crimini ambientali, animali e sociali che cerchiamo di combattere.
Earth Riot parla di multinazionali, ma non solo, per mascherare i crimini che vengono commessi a monte, prendere di mira un obiettivo in particolare rendere la situazione più chiara alle persone che in automatico iniziano a provare interesse anche verso altre cause.
A noi piace pensare che chiunque possa far parte di Earth Riot, noi non facciamo altro che diffondere informazione pulita, una volta che le persone apprendono la verità e iniziano autonomamente a diffonderla a loro volta è già una grandissima vittoria, è di questo che la lotta ha bisogno.
Cos’altro si potrebbe fare di incisivo? Tutt* possono fare attivismo, purchè venga fatto in maniera responsabile, non per propri interessi o per nutrire il proprio ego, ma perché ci si riconosce nei principi dell’antispecismo.
L’attivismo antispecista è uno studio costante, questo forse è l’aspetto che spesso manca alla lotta, presentarsi in piazza tanto per far qualcosa non serve, è necessario ragionare sulle modalità di condurre la lotta, il linguaggio e le immagini da utilizzate, è un “lavoro” di comunicazione è deve esser fatto in maniera intelligente perché in ballo non c’è la vita dell’attivista, ma la libertà dell’oppress* di turno e del Pianeta stesso.
Sotto questo aspetto sono stato molto fortunato e non mi sarei mai sognato di contribuire a dar vita a Earth Riot se non fosse stato per l’incontro con Matilde Deschain, grazie a cui ho compreso l’importanza della comunicazione, del linguaggio e il vero potere delle parole.
Ricercare, rinnovare, riflettere su quello che si sta facendo e farlo sempre con molta umiltà, questa potrebbe essere la ricetta giusta per un buon attivismo antispecista che deve esser servito come fosse un piatto unico, un piatto nonviolento ovviamente.
Non posso riportarti il complimento più bello che abbiamo ricevuto in questi anni perché potrebbe essere ritenuto volgare dai tuoi lettori, in pratica ci hanno detto che siamo molto puntigliosi.


G.B.: cosa ne pensi del movimento animalista? e di quello antispecista?

S.S.: Non mi piace particolarmente parlare di movimento animalista, perché troppo spesso ha dimostrato di essere, paradossalmente, un movimento specista, limitato, privo di una vera identità e di principi puri, oltre a subire tristissime infiltrazioni fasciste che di fatto demoliscono la credibilità della lotta.
Bisogna invece parlare di movimento antispecista, di cultura antispecista, un concetto che è agli albori, e che ognun* di noi ha la possibilità, ma soprattutto la responsabilità e il dovere, di alimentare, difendere e diffondere.
Al momento purtroppo trovo che vi sia molta confusione su ciò che rappresenta realmente l’atispecismo, molti pensano che basti esser vegan e fare attivismo animalista per portare avanti questo concetto, ma invece non è tutto qua.
Si può dire che il veganismo sia il punto di partenza, mentre l’antispecismo è il percorso da intraprendere, un percorso che è la naturale evoluzione dell’antifascismo, antirazzismo, antissessismo, ecc.
Il movimento antispecista dovrebbe essere questo: esser sempre presente in ogni lotta per la liberazione animale, umana o della Terra, fondersi con gli altri movimenti affini, senza presunzione, accettando il fatto che è solo attraverso il confronto che si può diffondere la verità e trasmettere i principi dell’antispecismo stesso.
Il pericolo più grande che sta correndo il movimento antispecista è che muoia ancora prima di svilupparsi. Come è capitato in passato per il movimento punk e per molti altri, sta già subendo un attacco dall’industria che tenta di mercificare i principi dell’antispecismo riducendo il tutto ad una scelta alimentare. Sono già molti i marchi, veri simboli dello sfruttamento globalizzato, a proporre prodotti industriali antispecisti: una contraddizione in termini sotto ogni aspetto. Ecco, la sconfitta più grande del movimento antispecista sarebbe permettere questo processo, accoglierlo con passività e rassegnazione. Invece è in questi momenti storici che bisogna alzarsi in piedi, scendere in piazza e rivendicare i principi del movimento.


G.B.: credi che si potrà mai compattare il movimento animalista, in considerazione del fatto acclarato che è diviso in tanti piccoli gruppi?

S.S.: Il problema non è rappresentato tanto dal fatto che vi siano tanti piccoli gruppi, ben vengano.
Il problema è rappresentato da quei gruppi privi di un’identità, che fanno attivismo tanto per farlo, fine a se stesso, senza un’organizzazione, senza porsi obiettivi, ma, soprattutto, senza i giusti principi.
Io credo che la grandezza di un gruppo, e quindi la sua efficacia, non sia data dal numero dei suoi membri, ma dalla virtù dei valori espressi, in realtà meno si è e più si può lavorare bene.
Il movimento animalista al momento non può compattarsi, non per l’esistenza di tanti gruppi, ma perché molti di questi fanno attivismo per i motivi sbagliati: interessi mal celati, futili rivalità con altri gruppi, desiderio di apparire, ma soprattutto per la conduzione di un attivismo specista e settario.


G.B.: cosa ne pensi delle grandi associazioni che si occupano di animali ed ecologia?

S.S.: Ci vorrebbe un articolo a parte per poterti dare una risposta esauriente a questa domanda.
Earth Riot si è sempre dichiarata contro ogni forma di associazionismo perché questo determina già l’esistenza di una gerarchia all’interno di quella determinata associazione, il che non ha nulla a che vedere con il concetto di uguaglianza, principio cardine sia nella lotta per la liberazione animale, che in quella umana e della Terra.
Detto questo, sono rare le grandi associazioni che si possono salvare, la maggior parte non sono altro che multinazionali dell’attivismo, che riducono la lotta ad una donazione in denaro di cui non si conosce con certezza la fine, o nel privare le persone di ogni responsabilità effettiva limitando il loro contributo ad una sterile firma su qualche petizione.
Tutto questo sta allontanando le persone dalla lotta di piazza, dal fare qualcosa in prima persona che possa contribuire realmente a cambiare le cose, oltre che a responsabilizzare le persone stesse.
Ci sono poi associazioni che puntano, direttamente o indirettamente, a privatizzare l’attivismo, un processo che sta segnando la fine di tanti gruppi libertari perché prosciugati dei propri membri.
Questo sta omologando l’attivismo, spesso riducendolo alla fotina su facebook e di riflesso a invogliare gli/le attivist* stess* a prendere parte solo a quelle iniziative che garantiscono l’apparizione su qualche giornale o gratificazioni di qualche tipo.
Sono sempre meno i/le coraggios* disposti a passare un pomeriggio sotto il sole cocente semplicemente per diffondere informazione pulita senza riceve nulla in cambio, nell’anonimato più totale; io ho la fortuna di conoscere un po’ di queste persone verso le quali nutro un profondo rispetto, sono loro a fare la differenza, non le “grandi associazioni”.


G.B.: se qualcun* volesse aiutare nelle campagne ancora attive Earth Riot, come e cosa potrebbe fare?

S.S.: Earth Riot e le cause per le quali combattiamo hanno bisogno di diffusione e partecipazione.
Il nostro marchio di fabbrica sono sempre state le iniziative accessibili a chiunque, ovunque le persone si trovino.
Ogni volta che lanciamo una campagna lo facciamo mettendo a disposizione il materiale necessario per lo svolgimento delle varie iniziative locali, e tutte le indicazioni utili per realizzarle.
Informazione libera e materiale libero per chiunque voglia usarlo, Earth Riot ha bisogno di questo, che venga diffuso ciò che mettiamo in rete che, però, deve uscire fuori dalla rete e invadere pacificamente le strade affinché l’informazione pulita possa scorrere ovunque.
Invito i tuoi lettori e le tue lettrici a visitare il nostro sito, a seguirci sui canali social (facebook, twitter, google+, instagram) mezzi che non ci entusiasmano in realtà, ma che in questo momento storico sono necessari per raggiungere le persone.
Uno degli obiettivi di Earth Riot è quello di riportare l’informazione e l’attivismo per le strade. Internet è uno strumento straordinario e molto efficace, ma rischia anche di limitare il lavoro svolto esclusivamente a chi frequenta i social o i siti. E' fondamentale invece riuscire a fornire un servizio a 360° che possa raggiungere chiunque. Perché questo sia possibile abbiamo bisogno che le singole persone nelle varie città si attivino autonomamente.


G.B.: so che avete attualmente attive alcune campagne di sensibilizzazione diffuse sul blog e sui social. Potresti ricordare ai lettori di G.B. quali sono?

S.S.: Al momento le campagne attive sono #STOPOdP contro il mercato dell’olio di palma e le produzioni agricole intensive in generale, e #OccupyMcDonaldsTOUR, mobilitazione che abbiamo il piacere di condurre insieme a te e ad altre realtà antispeciste. 
Entrambe le campagne sono aperte a tutt* e abbiamo bisogno che vegano organizzati sempre nuovi presidi in sempre più città, rispettando i principi su cui poggiano queste mobilitazioni.
Per aderire è sufficiente contattarci e comunicarci dove e quando verranno svolti presidi, volantinaggi e iniziative inerenti alle campagne citate.
Prossimamente lanceremo una nuova campagna rivolta a Qatar2022, per denunciare i crimini sociali che si stanno consumando, come avevamo già fatto in occasione del mondiale brasiliano.
Ma oltre alle campagne c’è tutta l’informazione che diffondiamo sui nostri canali e gli articoli che pubblichiamo sul blog che necessitano di visibilità e diffusione.


G.B.: quali sono le difficoltà che incontrate nel rendere per lo meno efficaci le campagne di Earth Riot?
S.S.: Se non ti chiami Greenpeace, Lav o Wwf in questo paese difficilmente si viene presi seriamente, questa è la difficoltà maggiore; le persone preferiscono dare maggiore credito e credibilità al “grande” nome, piuttosto che valutare l’efficacia e il peso dell’informazione diffusa.
Spesso siamo costretti ad investire molto tempo nello smentire le menzogne, o l’informazione incoerente e fuorviante diffusa da queste, e altre, “grandi” associazioni.
A livello pratico poi, come ho già accennato in precedenza, le difficoltà sono rappresentate dalla sempre crescente mancanza di persone disposte a sporcarsi le mani senza avere nulla in cambio.
Nell’arco dell’anno organizziamo molti presidi, ma difficilmente riusciamo a superare le 10 presenze per ogni iniziativa. Però il rovescio della medaglia c’è sempre e devo dire che anche in 8, 10, o 12 siamo sempre stati in grado di fare un gran lavoro, a conferma che non sono i grandi numeri a fare la differenza, ma l’impegno che si mette nella lotta e il valore dei principi che si portano avanti.


G.B.: per chiudere ...un ultimo tuo pensiero/idea/aneddoto ce lo puoi lasciare?

Temo di essermi dilungato anche troppo, l’ermetismo non è una mia caratteristica, e di idee credo di averne espresse a sufficienza, quindi saluterò te e i tuoi lettori e lettrici con un aneddoto che si lega con le risposte alle ultime domande.
Qualche mese fa, in occasione di una delle tappe bolognesi di #OccupyMcDonaldsTOUR, mentre megafonavo spiegando le ragioni della protesta ho visto nelle vicinanze del nostro presidio dei volontari di Greenpeace che raccoglievano firme.
Uno di loro si è fermato ad ascoltare quanto stavamo sostenendo e diffondendo, e ad un certo punto si è tolto la pettorina di Greenpeace e per un po’ ci ha aiutato nel volantinaggio.
Quello che voglio dire è che non dovrebbe essere una pettorina, una bandiera, una sigla o un simbolo a rendere credibile e efficace la lotta che si sta conducendo, smettiamola di dare importanza alle apparenze e dedichiamoci invece alla sostanza delle cose.
Io che sto rispondendo sono solo una persona, sono le idee che contribuisco a diffondere che mi qualificano, non tanto chi sono, le persone vanno e vengono, ma le idee durano in eterno.
Mi prendo ancora un momento per ringraziarti Good Bear, per quello che fai, per come lo fai, per il tuo impegno nella difesa dell’attivismo antispecista libertario e perché dedichi la tua vita alla liberazione animale, umana e della Terra. 
Buona lotta ribelli a tutt* quant*.

Ringraziamo Simo Strummer per le bellissime parole.
Alla prossima!!

sabato 18 luglio 2015

#1 Intervista a Barbara Mugnai: Emergenza Olocausto Animale.

Immagine di Marco Verdone
E' con immenso piacere che comincio con Barbara Mugnai una serie di interviste a persone impegnate per la liberazione animale, umana e del pianeta. Vorrei che ci raccontasse un po' di come ha cominciato a lottare per la liberazione degli animali. 

Breve Bio di Barbara Mugnai: "Sono nata a Pisa e dopo aver passato molti anni a Livorno, da vent'anni abito a Tirrenia, fra mare e pineta, a due passi dall'Ippoasi, un rifugio  che fa parte della rete dei santuari per animali salvati: mi piace pensare che sia un segno del destino... :)
Sono un ottico optometrista e lavoro a Livorno nel negozio che aprirono i miei genitori più di quarant'anni fa."

G.B.: come e perchè hai cominciato a lottare per la liberazione animale?
B.M.: E' stato decisivo l'incontro virtuale con Gaspare Messina, il fondatore del sito de La Vera Bestia, fu lui a farmi capire che non è sufficiente essere veg in questa situazione di totale emergenza: bisogna diffondere la verità sulla condizione dei non umani, diffonderla ovunque, sempre, senza stancarsi mai, nella maniera giusta (o almeno giusta secondo noi :) )

G.B.: secondo te, cosa si può fare di incisivo e risolutorio per realizzare la liberazione animale?
B.M.: Prima di tutto essere vegan :) Banale a dirsi, ma non così scontato... Di risolutorio, purtroppo, credo che a breve termine ci sia ben poco. Di incisivo, invece, c'è moltissimo, ed è quello che ho appena detto nella risposta precedente: non stancarsi mai di diffondere, di parlare, di spiegare, ogni singolo momento della nostra giornata, anche fuori da manifestazioni, presidi, attivismo in genere, proprio in ogni momento della giornata. E farlo attraverso canali diversi, con strumenti diversi, ognuno come può e come si sente più portato a fare, in modo da uscire il più possibile da ambienti frequentati da chi è già sensibile all'argomento. Senza dimenticare mai che il messaggio per la liberazione dei non umani, quindi dei loro diritti, non può prescindere da un messaggio di diritti per tutti gli esseri viventi, qualunque sia la loro specie, razza, religione, orientamento sessuale; insomma, al di là di ogni discriminazione...

G.B.: cosa ne pensi del movimento animalista? e di quello antispecista?
B.M.: Questo è un domandone!!! Ho sentimenti contrastanti: da una parte ci sono momenti in cui realizzo quante persone in tutto il mondo stiano lottando, in modi diversi, per dare voce a chi non ne ha, e la cosa mi commuove. Gente di tutte le età, di tutte le estrazioni sociali, di tutte le razze, in ogni angolino del mondo che ha deciso di dedicare le proprie energie agli abitanti più indifesi in assoluto di questo Pianeta. E' bellissimo! Dall'altra, quasi tutti i giorni, non posso fare a meno di constatare quanto la nostra parte umana prevalga e rischi di compromettere le lotte: stiamo sempre a litigare, a criticarci, a polemizzare, a dividerci in gruppi, gruppini, gruppetti, sempre più divisi, sempre più a guardarsi male... a perderci sul significato intrinseco, filosofico, politico, di ogni singola virgola. Non va mai bene niente, nessuno è mai abbastanza puro... facciamo un gran favore a chi ci odia, secondo me. E' vero che tutto è importante, ma, sempre secondo me, a volte perdiamo di vista l'enormità del massacro e della follia in cui siamo immersi. Ripeto:situazione di emergenza assoluta davanti alla quale, pur ognuno mantenendo le proprie idee, dovremmo formare un fronte compatto.

G.B.: credi che si potrà mai compattare questo movimento, in considerazione del fatto acclarato che è diviso in tanti piccoli gruppi?
B.M.: Io spero di sì, ma non sono molto fiduciosa. Spero con tutta me stessa di essere smentita e dire: "Avevo torto marcio!". Nessuno sarebbe più felice di me! :)

G.B.: cosa ne pensi delle grandi associazioni che si occupano di animali? (domandone :) )
B.M.: Non sono molto addentro ai loro meccanismi. C'è da dire che loro hanno cominciato quando ancora nessun altro si occupava di questa piaga, o almeno nessuno che facesse grandi numeri... So che spesso hanno atteggiamenti discutibili, ma sinceramente non me la sentirei di buttare a mare il loro lavoro, che in molti casi mi sembra un gran bel lavoro. Penso che molto dipenda anche dalle persone che via via si avvicendano alla presidenza e danno la loro impronta più o meno positiva all'andamento dell'associazione stessa. Ad ogni buon conto, come ho già detto, non sono molto pratica di grandi associazioni perchè non ne ho mai, volutamente, fatto parte.

G.B.: ho visto un tuo video mentre reciti il monologo "Pillola Rossa" e sono rimasto impressionato dalla tua bravura. Come e quando hai iniziato a recitare?
B.M.: Ti ringrazio molto dell'apprezzamento :) Il teatro è una bella passione per me! Ho cominciato più di dieci anni fa, a Livorno, prendendo il diploma dopo un corso triennale alla scuola Vertigo. Poi ho fatto molti stage fuori, in giro per l'Italia, sia di teatro di testo che di improvvisazione teatrale. Poter fare del teatro una forma di attivismo con  questo monologo, è una cosa che mi ha profondamente segnato e mi emoziona ogni volta che lo rappresento. Tanta emozione. Comunque la cosa non finisce qui, perchè a fine anno vedrà la luce un progetto di cui Pillola Rossa farà parte; uno spettacolo lungo, circa un'ora e mezzo, in cui in maniera totalmente autobiografica racconto il mio percorso da quando decisi di smettere di mangiare creature. Attraverso questo racconto  tocco quelli che sono gli aspetti per me più importanti della "questione non umana".

G.B.: so che hai molte date in programma in cui reciterai "Pillola Rossa". Le potresti ricordare ai lettori di G.B.??
B.M.: Alcune ci sono già state, altre saranno a Viareggio, Volterra, Livorno, Bologna, Pontedera... e poi, chissà... :) Comunque si trovano tutte sulla pagina Facebook di Pillola Rossa: il giro :)

G.B.: tu fai parte di un gruppo che si chiama "laverabestia"...sei una delle fondatrici? sei una collaboratrice del videoblog? dimmi, se ti va, come è nata l'idea di "laverabestia"...
B.M.: La vera bestia è un sito di informazione e divulgazione fondato solo e soltanto da Gaspare Messina: sua l'idea, sua l'abilità di costruire il sito, sue le lacrime e l'angoscia per essersi visto centinaia di video da cui scegliere quelli da inserire sul sito. E' una persona meravigliosa che ho avuto la fortuna di incontrare e che ha cambiato la mia vita. Ecco, se tutti gli attivisti fossero come lui, non ci sarebbero divisioni e litigi, sarebbe un movimento compatto e fortissimo. Io sono una semplice e onorata portavoce :)

G.B.: per chiudere ...un ultimo tuo pensiero/idea ce lo puoi lasciare?
B.M.: Vorrei solo dire che anche se aver aperto gli occhi mi fa vivere come descrivo nel monologo, è stata la svolta più bella e profonda della mia vita, quella che ha dato un senso a tutto :)

Ringraziamo infinitamente Barbara per la sua disponibilità, le sue parole e i suoi pensieri.


Non posso non postare il video del monologo:

Grazie ancora Barbara!
G.B.

POST CORRELATO
VEGANZETTA

martedì 2 giugno 2015

Intervista a Desirèe - Agripunk per Radio Vera



martedì 17 marzo 2015

domenica 7 settembre 2014

Donald Watson Vegan Pioneer -


Riporto un articolo con intervista apparso su "vegan3000.info" che riguarda Donald Watson che può essere considerato il padre del veganismo in quanto fondatore della Vegan Society nel 1944. Ci ha lasciato nel 2005, all'età di 95anni, la sua eredità di passione e rispetto per la vita.

Intervista:
"Quando e dove sei nato? 
Sono nato il 2 settembre 1910 a Mexborough nel South Yorkshire, in una famiglia carnivora.

Raccontami della tua infanzia.
Uno dei miei primi ricordi è delle vacanze alla fattoria di mio zio George, dov’ero circondato da tanti animali interessanti. “Davano” tutti qualcosa: il cavallo della fattoria tirava l’aratro, le mucche “dava” il latte, le galline “davano” le uova ed il gallo era utile come sveglia la mattina – a quel tempo non immaginavo che potesse avere anche un’altra funzione. La pecora “dava” la lana. Non capivo cosa potessero “dare” i maiali, ma erano creature così amichevoli – sempre felici di vedermi. Poi arrivò il giorno in cui uccisero uno dei maiali: ho ancora ricordi vividi dell’intero processo, incluse le urla ovviamente. Una cosa che mi procurò uno shock fu che mio zio George, di cui avevo un’alta opinione, era parte di quella squadra. Decisi che le fattorie – e gli zii – dovevano essere riposizionate: l’ambiente idilliaco non era altro che un Braccio della Morte, dove i giorni di tutte le creature erano contati fino al momento in cui non sarebbero più stati utili agli esseri umani. Ho vissuto in famiglia per 21 anni, e in tutto quel tempo non ho mai sentito una parola da parte dei miei genitori, nonni, 22 zii e zie, 16 cugini, insegnanti e parroci che facessero riferimento anche lontanamente ai doveri che abbiamo nei confronti delle creature di Dio.
Quando ho lasciato la scuola, ho cominciato a fare l’apprendista falegname con un altro zio. A 21 anni stavo per diventare un artigiano, quando ci trovammo nella recessione economica dei primi anni ’30, e scoprii che potevo diventare un mastro artigiano qualificandomi alla City and Guilds. E’ quello che ho fatto, con un po’ di fatica.

Ad oggi hai 92 anni e 104 giorni. A cosa attribuisci la tua longevità? (l'intervista è del 2002!)
Ho sposato una ragazza gallese, che mi ha insegnato un detto delle sue parti: “Quando tutti corrono, tu resta fermo”, e da allora l’ho fatto. Vedo molte persone che corrono verso quello che io vedo come un suicidio, con abitudini che tutti sanno essere pericolose. Io ho sempre riconosciuto che il più grande errore dell’uomo è stato quello di cercare di trasformarsi in un carnivoro, in contrasto con la legge della natura. Inevitabilmente, suppongo, entro una decina d’anni ci sarà una mattina in cui non mi sveglierò. Cosa succederà? Ci sarà un funerale, ci saranno lì un po’ di miei conoscenti e, come Shaw ha predetto per il suo funerale, ci saranno gli spiriti di tutti gli animali che non ho mai mangiato. In quel caso, sarà un grande funerale!

Quando sei diventato vegetariano?
E’ stato a Capodanno del 1924, per cui non mangio carne e pesce da 78 anni. (continua a leggere QUI!)"
FONTE