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venerdì 13 marzo 2015

"PROPOSTE PER UN MANIFESTO ANTISPECISTA" ad Agripunk


DOMENICA 29 MARZO DALLE ORE 11 
vi invitiamo al primo di una serie di incontri culturali che chiameremo 
PRANZO CON L'AUTORE. 
Mentre nutriamo il nostro corpo con cibo delizioso e assolutamente vegan, nutriamo anche la nostra mente. 
Sarà nostro ospite, con somma gioia ed onore, da Treviso: 
ADRIANO FRAGANO 
che ci presenterà il suo libro 
PROPOSTE PER UN MANIFESTO ANTISPECISTA.

Proposte per un Manifesto antispecista è un progetto diretto, schematico e ragionato per fornire a chi s’interessa all’argomento, una serie di strumenti teorici il più possibile condivisibili. Il testo è frutto di anni di elaborazione d’interventi, scritti, conferenze, workshop e chiacchierate informali di pensatrici e pensatori italiani. Il rapporto tra l’Umano e gli altri Animali, è un argomento sempre più considerato e dibattuto e la percezione che sia uno dei problemi più spinosi e fondamentali che dobbiamo affrontare, è ogni giorno più evidente. Il libro offre a chi legge la possibilità di definire e chiarire dei concetti di base dell’antispecismo e una serie di stimoli utili per l’avvio di un dibattito futuro, il tutto affiancato anche da dieci semplici F.A.Q. (risposte alle domande più frequenti) che permetteranno anche a chi non è a conoscenza delle tematiche antispeciste, di avvicinarsene agevolmente.

Adriano Fragano, laureato in Scienze Naturali, informatico, vegano etico, attivista e pensatore antispecista.
Ha fondato la rivista Veganzetta - notizie dal mondo vegan e antispecista. Co-fondatore del progetto di contro-informazione antispecista Campagne per gli animali, responsabile della Mappa Vegana Italiana e del progetto Manifesto Antispecista. Autore e co-autore di numerosi articoli e libri tra cui: L’animale ritrovato, Terra Nuova Edizioni, 2009; Immaginare la società della decrescita, Terra Nuova Edizioni, 2012; Etiche dell’ambiente, LED, 2012.

Vi chiediamo gentilmente di contattarci sia per chiedere informazioni sia, soprattutto, per prenotare e confermare la vostra partecipazione allo 055996946 oppure dezynoir@gmail.com (consentiti anche i messaggi qui sulla nostra pagina)

VI PREGHIAMO DI PARTECIPARE NUMEROSI...L'OCCASIONE PER ASCOLTARE PERSONE COME ADRIANO CAPITANO POCHE VOLTE NELLA VITA, UNA GIORNATA CON LUI A PARLARE DI ANTISPECISMO VE LO GARANTIAMO, CAMBIA DAVVERO LA VOSTRA VISIONE DEL MONDO E APRE DAVVERO LA MENTE.


venerdì 2 gennaio 2015

AGRIPUNK: MANIFESTO.

I lager dove migliaia di tacchin* venivano stipat*
e ingrassat* per poi essere spedit* al macello
David abita ad Ambra da circa dieci anni.
Ci siamo conosciuti nel 2012 e ad inizio 2013 mi sono trasferita qui dopo essere stata licenziata per la chiusura della Sacaim di Venezia.
Dietro casa c'era e c'è tutt'ora ma è inattivo, un allevamento-lager di tacchini per Amadori, noto marchio che rifornisce gli scaffali di tanti supermercati e macellerie.
7 capannoni stipati all'inverosimile, circa 30000 creature ogni 6 mesi deportate al macello per finire negli scaffali dei supermercati costrette per 3 mesi a vivere senza luce del sole e senza aria, ma solo con illuminazione al neon 24 ore su 24 e impianto di condizionamento per mantenere la temperatura stabile che riversa nell'aria polveri sottili di legno misto a guano.
Ingrassati a vista d'occhio con mangimi dall'odore nausebondo e obbligati a vivere, dormire e a volte morire sempre nella stessa lettiera sudicia e insufficiente.
Al momento del carico per l'ultimo viaggio verso il macello, per una settimana assistevamo in lacrime all'ignobile spettacolo: camion doppi pieni di gabbbiette piccolissime dove, tramite un nastro trasportatore, venivano caricati i tacchini uno ad uno.
Spinti dentro a forza uno dopo l'altro come fossero pacchi vuoti fino a riempire la fila e chiuderla.
Nell'atto della chiusura qualcuno di loro si chiedeva che accadesse, si spaventava, voleva fuggire ma il cancellino veniva chiuso con forza, senza nemmeno guardare e spesso rimaneva chiusa fuori un'ala, una testa, una vita.
Lo facevano di notte, al buio, per nascondere al giorno quanto l'essere umano può essere vigliacco.
Non sopportavamo oltre questo schifo.
Abbiamo lottato perché l'allevamento chiudesse, con le nostre forze e con i nostri polli arrivati dalle prime richieste di aiuto.
E ce l'abbiamo fatta.
L'allevatore ad un certo punto batteva in ritirata e sapevamo che ci sarebbe stato l'ultimo "ultimo viaggio".
Non potevano rimanere inermi, con le mani in mano quindi quando ci disse che se ne andava gli chiedemmo, spiegandogli la nostra scelta di non contribuire e non approvare il suo lavoro, di lasciarci almeno un tacchino..un singolo piccolo tacchino che potesse avere la possibilità di continuare a vivere.
Feci scegliere a lui perchè, una volta dentro al capannone, con tutti quei piccoli condannati a morte, un senso di impotenza e rabbia mi accecò..li volevo tutti salvi, tutti liberi ma non era possibile.
Lui ne scelse 2, Giorgina e Lisetta e me le diede.
Le mettemmo subito nello stalletto che avevamo preparato per loro e che per 3 giorni non hanno mai lasciato pur tenendole sempre con la porta aperta.
Al 4 giorno finalmente sono uscite, si sono sgranchite le zampe, hanno assaggiato l'erba e si sono accorte di avere le ali.
Le abbiamo fatte dormire chiuse a chiave per tutto il periodo di trasporto degli altri tacchini loro amici..non volevamo che le vedessero e nemmeno anzi, soprattutto, non volevamo che loro vedessero quello che accadeva.
Una volta smantellato l'allevamento e finiti i carichi di morte, le piccine hanno iniziato a rifiutarsi di tornare chiuse anche se solo per la notte e hanno scelto come tetto le stelle.
Nel frattempo abbiamo saputo che l'allevamento era in vendita e abbiamo subito chiesto aiuto.
Ad un corso per attivisti tenuto da Massimo Tettamanti, mentre si parlava di cause per danno ambientale, gli buttai lì la possibilità di farne una a questo allevatore.
Iniziammo a confabulare e per mesi cercavamo ogni cavillo, ogni cosa utile per riuscire a fare chiudere questo allevamento, mentre accadeva tutto quello raccontato prima.
All'improvviso si apriva una nuova opportunità così la cosa si trasformò nella possibilità concreta di fare una cordata d'associazioni tramite Massimo stesso ed I-care per acquistare l'intero podere e trasformarlo in un rifugio per animali con annessa azienda agricola che esiste in funzione del rifugio.
Un'azienda agricola dove si coltiva in maniera semplice e pura, senza grossi macchinari e spreco di gasolio, senza pesticidi o fertilizzanti ma usando i rimedi e i trucchi della natura e sfruttando naturalmente le sue potenzialità, integrando piante da frutto con verdura, con aromatiche, con officinali, con selvatiche insomma, inserendo le piante via via creando un equilibrio tra di loro senza violentare la terra.
Coltivatori diretti vegan, una fattoria fatta da vegani..una fattoria dove gli animali certo, ci sono ma sono animali assolutamente liberi, che non saranno mai più al servizio dell'uomo perchè qui è l'uomo ad essere al loro servizio.
Come produzione primaria ci si concentrerà sul cibo per loro e per noi per puntare poi ad un autosostentamento alimentare concreto.
Per ora non siamo autosufficienti, però comunque ci rivolgiamo per i nostri acquisti a coltivatori diretti e negozi del paese per non alimentare più la grande distribuzione e le regole del consumismo che ci vuole schiavi del cemento e dell'acciaio
Ma vogliamo il prima possibile riuscire a diventare completamente indipendenti dal punto di vista almeno alimentare per rompere definitivamente col commercio.
Al momento ci appoggiamo all'associazione con la quale facevo attivismo a Rovigo, la Venus in Fur, per poter svolgere le nostre attività di diffusione e volontariato perchè ci sembrava assurdo creare l'ennesima associazione animalista, soprattutto avendo comunque l'intenzione di non essere poi un semplice associazione animalista e basta.
Il rifugio poi sarà di I-care che come associazione è consolidata ed attiva su vari fronti.
Ma noi puntiamo a qualcosa di più concreto.
Già da ora qualcosa coltiviamo, abbiamo l’acqua del pozzo che sgorga fresca e d'inverno ci scaldiamo con la stufa a legna, legna che raccogliamo nel bosco pulendo gli alberi dai rami secchi o malati.
In progetto c'è anche un discorso di impianto fotovoltaico per diventare autosufficienti anche dal punto di vista energetico.
Insomma, ci vogliamo levare la civiltà dalle scatole.
Attualmente vivono con noi Giorgina la tacchina (purtroppo Lisetta dopo 5 mesi di vita regalata ci ha lasciati), Cleo la faraona abbandonata dalla sorella Nefer che ha scelto il bosco, Marylin e Tweegy paperine vagabonde a Roma, Mirtillo e Antonello capretti scampati al pranzo pasquale, Pablo il cinghiale che troppo si è fidato dell'uomo, 2 belle scrofotte Frida e Coco, le nostre 2 gatte Maria e Raia, i 3 cagnoni da guardia Ombra, Zena e Diablo e svariati tra polletti e galline capitanati da Oro, Ramina e Kikketto.
Le nostre giornate sono incentrate sui nostri ospiti o, come preferisco chiamarli, coinquilini.
La mattina ci concentriamo su pappe, recinzioni, eventuali medicazioni ecc.
Al pomeriggio bisogna star dietro a tutta un'altra serie di cose (orto, autoproduzioni alimentari e artistiche) per poi nel tardo pomeriggio rimettere dentro alle loro casette al sicuro le belve..insomma si arriva a sera distrutti ma felici.
Purtroppo gli animali salvati arrivano dalle più svariate situazioni e da queste situazioni non sempre ne escono indenni inoltre la vita libera e le loro scelte portano ad imprevisti..qualcuno non porta traccia della vita passata, altri invece hanno le ferite ben visibili.
Vorresti proteggerli e farli vivere felici in eterno, ma ti rendi conto di quanto è piccolo un uomo di fronte agli scherzi della natura.
Però almeno ci proviamo.
Attualmente siamo solo io e David però ogni tanto qualcuno viene ad aiutarci fisicamente mentre qualcuno ci aiuta e supporta a distanza.
Stiamo cercando gente come noi che condivida i nostri pochi ma saldi principi e che voglia condividere con noi questa esperienza con le sue gioie e dolori.
Qualcuno l'abbiamo già trovato e c'è ancora posto se qualcuno fosse interessato.

Non ne possiamo più di vivere e contribuire al tipo di vita che ci impongono.
Vogliamo boschi e prati, non nuovi centri commerciali.
Vogliamo che la gente possa stupirsi per il gusto di una radice, non per un nuovo telefonino.
Vogliamo che un animale nasca per vivere e basta, non che nasca con uno stato predefinito che ne determina vita o morte.
Qui sarà un posto dove animali umani e non abiteranno insieme, in simbiosi con i prati e i boschi di questa terra.
Porteremo via, nel cuore della Toscana cinghialara, 26 ettari di bosco dove i cacciatori non potranno entrare e dove gli animali selvatici troveranno rifugio.
Porteremo via ad Amadori un intero allevamento.
Porteremo nel cuore degli abitanti della zona e delle persone che vorranno venire a trovarci, l'empatia e la compassione facendo loro conoscere chi di solito finisce nel loro piatto.

Uomini e animali insieme: dalle stalle alle stelle, dalle gabbie alla libertà."


FONTE
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VENUS IN FUR

lunedì 14 luglio 2014

Manifesto "No Sagra Osei" - nosagraosei.org

Il vero, unico e corretto manifesto della sagra degli osei.
resta aggiornato visitando il sito: 
aiutaci a fermare la barbarie!!!


Una realtà di sopraffazione e inganno – Annamaria Manzoni

Nella caccia non vedo che un atto inumano e sanguinario, degno di uomini che conducono una vita senza coscienza, che non si armonizza con la civiltà e col grado di sviluppo , a cui noi ci crediamo arrivati. Basta immaginare la condotta dell’uomo durante la caccia per convincersi che, lasciando libero il passo ai suoi peggiori istinti, egli compie atti che, al solo pensarvi lo farebbero arrossire in altre situazioni. La sopraffazione, la perfidia, le trappole, l’imboscata, l’assalto di molti a uno solo, del forte contro il debole, il ratto dei piccini ai genitori e viceversa, sono altrettanti atti vili per se stessi…. compiuti apertamente durante la caccia”: si può proseguire parlando di costante suicidio morale dei cacciatori, dell’assenza di pietà, della gioia crudele di provocare dolore.
Sono solo alcune delle espressioni usate nel 1891 da Lev Tolstoj , che la caccia ben la conosceva per averla praticata prima che una salutare riflessione lo inducesse ad allontanarsene per sempre con il rimorso per quello che non aveva capito prima e per il male che aveva fatto.

La connotazione della caccia come attività crudele e incivile è oggi nel nostro paese estremamente diffusa, tanto che i cacciatori sono oggi una minoranza del tutto esigua, non più di 7/800 mila: una progressiva consapevolezza ha indotto un numero sempre crescente di persone non solo a non praticarla in prima persona, ma ad esprimerne una secca e definitiva condanna. Incredibilmente una classe politica sorda alle istanze dei cittadini, di cui dovrebbe essere l’espressione e interpretare la volontà, è succube e prona a una minoranza aggressiva e astorica. Di conseguenza è necessario ancora mobilitarsi per far valere i propri diritti di cittadini, ma soprattutto interpretare quelli di tutti gli animali, indifesi e senza voce, che ne sono le vittime incolpevoli.
E’ proprio su questa scia che si situa la Sagra degli Osei, celebrata con orgoglio a Sacile, provincia di Pordenone, che mette in mostra la prima domenica dopo ferragosto migliaia di “uccelli da richiamo”: espressione già di per sé latrice di una realtà di sopraffazione e inganno: già, perché questi uccelli , privati della libertà, rinchiusi in gabbie anguste, obbligati a spezzare il proprio volo contro le sbarre che incontrano cercando un sud, che li richiama nei periodi di migrazione, devono servire a loro insaputa e loro malgrado a tradire, con un canto, che è di desiderio, altri uccelli, e così portarli giusto giusto sulla traiettoria dei pallettoni dei cacciatori, armati e bardati per una guerra unilateralmente dichiarata, pronti ad atterrare con grande spreco di mezzi esserini di pochi grammi, incantati nel loro volo dalle lusinghe inconsapevoli di altri come loro e prima di loro vittime essi stessi. Non servono commenti: la realtà di prepotenza, sopraffazione e crudeltà è talmente evidente che ogni parola suonerebbe superflua.

Vale allora solo la pena di fare qualche riflessione sull’orgoglio esibito dalla comunità di Sacile, che celebra soddisfatta quella che cinicamente definisce “ festa della natura” con migliaia di uccelli prigionieri in gabbie piccole e sovraffollate: il tutto nel vanto di una tradizione, che 738 anni di storia non hanno scalfitto. Quello che in realtà ha luogo, nella “festa”, è un obnubilamento delle coscienze: l’enorme ingiustizia praticata nei confronti di vittime indifese non viene colta e l’attenzione del gentile pubblico, degli osservatori , dei media e, ahimè, anche dei bambini è chiamata a concentrarsi sul valore della tradizione. Ignorano evidentemente i responsabili che il termine stesso di “tradizione” fa riferimento ad un patrimonio di conoscenze, comportamenti, credenze, abitudini che viene tramandato di generazione in generazione per il significato positivo che comporta; e che il concetto stesso è dinamico perché si deve confrontare con una realtà intorno che è in costante mutamento .
Molte cose sono cambiate da quel 1271 a cui, piace tanto ricordare, risale l’odierna sagra: nel nostro mondo occidentale le donne si sono nel frattempo viste attribuire l’anima, loro negata per secoli, e (addirittura!) diritti civili e possibilità di votare; i bambini sono stati messi al riparo da sistemi educativi basati sull’uso di verga e bastone e protetti da immani sfruttamenti grazie ad una dichiarazione universale che li ha riconosciuti meritevoli di ben altri trattamenti; i folli non sono più esiliati dal consesso sociale perché indegni; i colpevoli di qualunque delitto non vengono da tempo esposti al pubblico ludibrio sulle pubbliche piazze. E via tormentando.

I diligenti organizzatori della sagra degli osei dovrebbero acquisire informazione che, nel frattempo, anche gli animali, proprio grazie ad ampi movimenti che hanno recepito le istanze insite in un radicato mutamento di convinzioni e di atteggiamenti, hanno acquisito diritti un tempo loro negati, in nome dei quali l’infierire e l’incrudelire su di loro non è più accettato dalle legge, ma neppure dalle coscienze: e non può essere un vacuo richiamo alla tradizione a cancellare l’ingiustizia del loro imprigionamento, la crudeltà dell’impedimento a volare al ritmo della loro natura. Dovrebbero anche interrogarsi sul modello etico che stanno proponendo a tutti quei bambini, che di certo saranno invitati ad ammirare lo spettacolo: un modello che esalta l’oppressione dl più forte a danno del più debole, esorta a disconoscere i segnali di sofferenza che gli uccelli mandano, educa all’insensibilità. Non è più, se mai lo è stato, tempo per tanta barbarie: è un’altra la società che va costruita, di altri modelli vi è imprescindibile bisogno: sono quelli in cui le differenze di specie siano occasione di allegra curiosità, in cui la natura venga rispettata nella sua variegata ricchezza, in cui la prevaricazione, su chiunque sia debole, desti disgusto. Tutti noi vogliamo e di sicuro lo vogliono tutti quei bambini la cui emotività non sia ancora stata travolta da una dissennata educazione alla insensibilità, vedere gli uccelli volare liberi, allontanarsi da noi insieme ai loro amici e verso di noi ritornare, se lo vogliono, a stormi, perché di noi si possono fidare. E’ il momento di celebrarla la natura non di umiliarla. E di un richiamo alla tradizione, utile solo a nascondere la grande ingiustizia in atto, francamente non sappiamo cosa farcene.


741 anni di schiavitù possono bastare??? 
Per quanto tempo ancora dovremo assistere a questi scempi???
#NOSAGRAOSEI