#OccupyMcDonaldsTOUR - Tappa di Modena |
Ciao Simo!
Oggi parliamo, se ti va e se vuoi, un po' di chi sei, rispettando ovviamente la tua privacy, e di come hai iniziato a lottare per la liberazione animale, umana e della terra. Con te mi sento come a casa per le affinità di pensieri ed idee, ed anche per l'amicizia, che ci legano. Gli intenti sono gli stessi: svegliare le persone dal torpore in cui sono cadute, informandole e protestando contro tutte le ingiustizie.
Bene! Cominciamo...
S.S.: Dici bene quando parli di “scintilla”, rende perfettamente l'idea e nel mio caso, ma penso che sia così per molti, è stato proprio come se si accendesse un interruttore.
Si può dire che il tutto sia iniziato a Pisa nella primavera del 2011.
Pisa per il mio percorso personale rappresenta una tappa fondamentale, ho vissuto lì per un paio d'anni, ufficialmente per ragioni universitarie, ma in realtà il grosso del mio impegno era dedicato ad altro. Da che ho memoria ho sempre fatto, in un modo o nell'altro, attivismo antifascista, e nel tempo trascorso a Pisa mi sono interessato di varie tematiche sociali interne ed esterne all'ambito universitario. Arrivato ad un certo punto però ho iniziato a percepire la mancanza di un tassello, sentivo le lotte che conducevo come incomplete e spesso incoerenti, come se mancasse un anello a completare quel processo di uguaglianza che l'antifascismo dovrebbe rappresentare.
Nel primo dei due anni trascorsi a Pisa ho avuto la fortuna di convivere con quella che è la mia migliore amica, vegana da anni, ma a quel tempo io non ero neanche ancora vegetariano. Sapete cosa ha fatto lei per aiutarmi ad aprire gli occhi? Assolutamente nulla.
Non mi ha mai attaccato, non mi giudicava, al massimo ogni tanto ci trovavamo a scambiarci punti di vista su alcuni aspetti, ma non mi ha mai imposto nulla ed è stato grazie a questo suo paziente comportamento che piano piano mi sono reso conto di un'infinità di cose, aspetti della vita che si ritengono naturali solo perché si è stati cresciuti in un determinato modo.
Quello che voglio dire è che l'antispecismo non può giungere come una imposizione, sarebbe un processo fallimentare, bisogna mostrare la verità, raccontarla e spiegarla, ma poi ad ognun* deve essere dato il modo e il tempo di metabolizzare i principi espressi, comprenderli: gli occhi vanno aperti perché è cambiata la coscienza delle cose, non per un ordine impartito.
Per me è andata così e credo fermamente che questa sia la strategia corretta: “la forza della verità”, e nell'aprile del 2011, grazie nuovamente ad una dritta di questa mia cara amica, partecipai alla mia prima manifestazione antispecista a Firenze, contro la strage degli agnelli per le “feste” di Pasqua.
Da quel giorno iniziai a documentarmi, a studiare e comprendere l'antispecismo, a mettermi in gioco ogni giorno perché la forza dell'antispecismo è proprio quella di non sentirsi mai arrivati, deve essere un percorso che dura tutta la vita, consapevoli che ogni giorno c'è qualcosa in più da imparare, perché ogni giorno, attraverso ogni azione quotidiana, possiamo determinare se essere parte del problema o la soluzione a quel processo di sfruttamento ambientale, animale e sociale etichettato come progresso.
Io amo l'antispecismo perché rappresenta e deve rappresentare il rispetto verso ogni forma di vita, partendo dal rispetto per il Pianeta che ci ospita, verso il quale dobbiamo provare gratitudine e fare quanto in nostro potere per tutelarlo e preservarlo.
S.S.: Non mi piace particolarmente parlare di movimento animalista, perché troppo spesso ha dimostrato di essere, paradossalmente, un movimento specista, limitato, privo di una vera identità e di principi puri, oltre a subire tristissime infiltrazioni fasciste che di fatto demoliscono la credibilità della lotta.
Bisogna invece parlare di movimento antispecista, di cultura antispecista, un concetto che è agli albori, e che ognun* di noi ha la possibilità, ma soprattutto la responsabilità e il dovere, di alimentare, difendere e diffondere.
Al momento purtroppo trovo che vi sia molta confusione su ciò che rappresenta realmente l’atispecismo, molti pensano che basti esser vegan e fare attivismo animalista per portare avanti questo concetto, ma invece non è tutto qua.
Si può dire che il veganismo sia il punto di partenza, mentre l’antispecismo è il percorso da intraprendere, un percorso che è la naturale evoluzione dell’antifascismo, antirazzismo, antissessismo, ecc.
S.S.: Il problema non è rappresentato tanto dal fatto che vi siano tanti piccoli gruppi, ben vengano.
Il problema è rappresentato da quei gruppi privi di un’identità, che fanno attivismo tanto per farlo, fine a se stesso, senza un’organizzazione, senza porsi obiettivi, ma, soprattutto, senza i giusti principi.
Io credo che la grandezza di un gruppo, e quindi la sua efficacia, non sia data dal numero dei suoi membri, ma dalla virtù dei valori espressi, in realtà meno si è e più si può lavorare bene.
Il movimento animalista al momento non può compattarsi, non per l’esistenza di tanti gruppi, ma perché molti di questi fanno attivismo per i motivi sbagliati: interessi mal celati, futili rivalità con altri gruppi, desiderio di apparire, ma soprattutto per la conduzione di un attivismo specista e settario.
G.B.: cosa ne pensi delle grandi associazioni che si occupano di animali ed ecologia?
S.S.: Ci vorrebbe un articolo a parte per poterti dare una risposta esauriente a questa domanda.
Earth Riot si è sempre dichiarata contro ogni forma di associazionismo perché questo determina già l’esistenza di una gerarchia all’interno di quella determinata associazione, il che non ha nulla a che vedere con il concetto di uguaglianza, principio cardine sia nella lotta per la liberazione animale, che in quella umana e della Terra.
Detto questo, sono rare le grandi associazioni che si possono salvare, la maggior parte non sono altro che multinazionali dell’attivismo, che riducono la lotta ad una donazione in denaro di cui non si conosce con certezza la fine, o nel privare le persone di ogni responsabilità effettiva limitando il loro contributo ad una sterile firma su qualche petizione.
Tutto questo sta allontanando le persone dalla lotta di piazza, dal fare qualcosa in prima persona che possa contribuire realmente a cambiare le cose, oltre che a responsabilizzare le persone stesse.
Ci sono poi associazioni che puntano, direttamente o indirettamente, a privatizzare l’attivismo, un processo che sta segnando la fine di tanti gruppi libertari perché prosciugati dei propri membri.
Questo sta omologando l’attivismo, spesso riducendolo alla fotina su facebook e di riflesso a invogliare gli/le attivist* stess* a prendere parte solo a quelle iniziative che garantiscono l’apparizione su qualche giornale o gratificazioni di qualche tipo.
Sono sempre meno i/le coraggios* disposti a passare un pomeriggio sotto il sole cocente semplicemente per diffondere informazione pulita senza riceve nulla in cambio, nell’anonimato più totale; io ho la fortuna di conoscere un po’ di queste persone verso le quali nutro un profondo rispetto, sono loro a fare la differenza, non le “grandi associazioni”.
G.B.: se qualcun* volesse aiutare nelle campagne ancora attive Earth Riot, come e cosa potrebbe fare?
S.S.: Earth Riot e le cause per le quali combattiamo hanno bisogno di diffusione e partecipazione.
Il nostro marchio di fabbrica sono sempre state le iniziative accessibili a chiunque, ovunque le persone si trovino.
Ogni volta che lanciamo una campagna lo facciamo mettendo a disposizione il materiale necessario per lo svolgimento delle varie iniziative locali, e tutte le indicazioni utili per realizzarle.
Informazione libera e materiale libero per chiunque voglia usarlo, Earth Riot ha bisogno di questo, che venga diffuso ciò che mettiamo in rete che, però, deve uscire fuori dalla rete e invadere pacificamente le strade affinché l’informazione pulita possa scorrere ovunque.
Invito i tuoi lettori e le tue lettrici a visitare il nostro sito, a seguirci sui canali social (facebook, twitter, google+, instagram) mezzi che non ci entusiasmano in realtà, ma che in questo momento storico sono necessari per raggiungere le persone.
Uno degli obiettivi di Earth Riot è quello di riportare l’informazione e l’attivismo per le strade. Internet è uno strumento straordinario e molto efficace, ma rischia anche di limitare il lavoro svolto esclusivamente a chi frequenta i social o i siti. E' fondamentale invece riuscire a fornire un servizio a 360° che possa raggiungere chiunque. Perché questo sia possibile abbiamo bisogno che le singole persone nelle varie città si attivino autonomamente.
G.B.: so che avete attualmente attive alcune campagne di sensibilizzazione diffuse sul blog e sui social. Potresti ricordare ai lettori di G.B. quali sono?
Temo di essermi dilungato anche troppo, l’ermetismo non è una mia caratteristica, e di idee credo di averne espresse a sufficienza, quindi saluterò te e i tuoi lettori e lettrici con un aneddoto che si lega con le risposte alle ultime domande.
Si può dire che il tutto sia iniziato a Pisa nella primavera del 2011.
Pisa per il mio percorso personale rappresenta una tappa fondamentale, ho vissuto lì per un paio d'anni, ufficialmente per ragioni universitarie, ma in realtà il grosso del mio impegno era dedicato ad altro. Da che ho memoria ho sempre fatto, in un modo o nell'altro, attivismo antifascista, e nel tempo trascorso a Pisa mi sono interessato di varie tematiche sociali interne ed esterne all'ambito universitario. Arrivato ad un certo punto però ho iniziato a percepire la mancanza di un tassello, sentivo le lotte che conducevo come incomplete e spesso incoerenti, come se mancasse un anello a completare quel processo di uguaglianza che l'antifascismo dovrebbe rappresentare.
Nel primo dei due anni trascorsi a Pisa ho avuto la fortuna di convivere con quella che è la mia migliore amica, vegana da anni, ma a quel tempo io non ero neanche ancora vegetariano. Sapete cosa ha fatto lei per aiutarmi ad aprire gli occhi? Assolutamente nulla.
Non mi ha mai attaccato, non mi giudicava, al massimo ogni tanto ci trovavamo a scambiarci punti di vista su alcuni aspetti, ma non mi ha mai imposto nulla ed è stato grazie a questo suo paziente comportamento che piano piano mi sono reso conto di un'infinità di cose, aspetti della vita che si ritengono naturali solo perché si è stati cresciuti in un determinato modo.
Quello che voglio dire è che l'antispecismo non può giungere come una imposizione, sarebbe un processo fallimentare, bisogna mostrare la verità, raccontarla e spiegarla, ma poi ad ognun* deve essere dato il modo e il tempo di metabolizzare i principi espressi, comprenderli: gli occhi vanno aperti perché è cambiata la coscienza delle cose, non per un ordine impartito.
Per me è andata così e credo fermamente che questa sia la strategia corretta: “la forza della verità”, e nell'aprile del 2011, grazie nuovamente ad una dritta di questa mia cara amica, partecipai alla mia prima manifestazione antispecista a Firenze, contro la strage degli agnelli per le “feste” di Pasqua.
Da quel giorno iniziai a documentarmi, a studiare e comprendere l'antispecismo, a mettermi in gioco ogni giorno perché la forza dell'antispecismo è proprio quella di non sentirsi mai arrivati, deve essere un percorso che dura tutta la vita, consapevoli che ogni giorno c'è qualcosa in più da imparare, perché ogni giorno, attraverso ogni azione quotidiana, possiamo determinare se essere parte del problema o la soluzione a quel processo di sfruttamento ambientale, animale e sociale etichettato come progresso.
Io amo l'antispecismo perché rappresenta e deve rappresentare il rispetto verso ogni forma di vita, partendo dal rispetto per il Pianeta che ci ospita, verso il quale dobbiamo provare gratitudine e fare quanto in nostro potere per tutelarlo e preservarlo.
G.B.: La tua vita attualmente è strettamente connessa alla realtà di Earth Riot che mi è sempre stata congeniale per i contenuti delle campagne ideate e per le lotte espresse contro un sistema capitalistico che tutto sfrutta per profitto. Ritengo veramente importante il boicottaggio di multinazionali per concretizzare la liberazione animale, umana e della terra. Sono tutte lotte antispeciste e non violente. Cosa ti ha portato a decidere di impegnarti in queste lotte? Cos'altro si potrebbe fare di incisivo e risolutorio per realizzare la liberazione animale, umana e della terra?
S.S.: Earth Riot è la mia vita, ad un certo punto del mio percorso mi sono reso conto della necessità di costruire una realtà che facesse comprendere come tutto sia collegato, come non si possa ragionare e agire a compartimenti stagni lottando per una causa alla volta perché automaticamente si trascurerebbero altre vittime. Il messaggio che cerchiamo di trasmettere tramite Earth Riot è che siamo tutt* Terrestri, ogni essere vivente ha il diritto di poter vivere in libertà su questo Pianeta che, come dicevo, non è proprietà di nessuno, ma un bene comune da tutelare, nel rispetto di ogni forma di vita.
Earth Riot parla di antispecismo denunciando i crimini delle multinazionali, e quindi dei vari marchi, perché tutto parte dalle scelte quotidiane compiute da ogni singola persona.
Questo è un momento storico in cui regna la disinformazione pilotata che porta le persone a non rendersi conto, o a disinteressarsi del peso che possono avere le proprie azioni che delegano quei crimini ambientali, animali e sociali che cerchiamo di combattere.
Earth Riot parla di multinazionali, ma non solo, per mascherare i crimini che vengono commessi a monte, prendere di mira un obiettivo in particolare rendere la situazione più chiara alle persone che in automatico iniziano a provare interesse anche verso altre cause.
A noi piace pensare che chiunque possa far parte di Earth Riot, noi non facciamo altro che diffondere informazione pulita, una volta che le persone apprendono la verità e iniziano autonomamente a diffonderla a loro volta è già una grandissima vittoria, è di questo che la lotta ha bisogno.
Cos’altro si potrebbe fare di incisivo? Tutt* possono fare attivismo, purchè venga fatto in maniera responsabile, non per propri interessi o per nutrire il proprio ego, ma perché ci si riconosce nei principi dell’antispecismo.
L’attivismo antispecista è uno studio costante, questo forse è l’aspetto che spesso manca alla lotta, presentarsi in piazza tanto per far qualcosa non serve, è necessario ragionare sulle modalità di condurre la lotta, il linguaggio e le immagini da utilizzate, è un “lavoro” di comunicazione è deve esser fatto in maniera intelligente perché in ballo non c’è la vita dell’attivista, ma la libertà dell’oppress* di turno e del Pianeta stesso.
Sotto questo aspetto sono stato molto fortunato e non mi sarei mai sognato di contribuire a dar vita a Earth Riot se non fosse stato per l’incontro con Matilde Deschain, grazie a cui ho compreso l’importanza della comunicazione, del linguaggio e il vero potere delle parole.
Ricercare, rinnovare, riflettere su quello che si sta facendo e farlo sempre con molta umiltà, questa potrebbe essere la ricetta giusta per un buon attivismo antispecista che deve esser servito come fosse un piatto unico, un piatto nonviolento ovviamente.
Non posso riportarti il complimento più bello che abbiamo ricevuto in questi anni perché potrebbe essere ritenuto volgare dai tuoi lettori, in pratica ci hanno detto che siamo molto puntigliosi.
G.B.: cosa ne pensi del movimento animalista? e di quello antispecista?
Earth Riot parla di antispecismo denunciando i crimini delle multinazionali, e quindi dei vari marchi, perché tutto parte dalle scelte quotidiane compiute da ogni singola persona.
Questo è un momento storico in cui regna la disinformazione pilotata che porta le persone a non rendersi conto, o a disinteressarsi del peso che possono avere le proprie azioni che delegano quei crimini ambientali, animali e sociali che cerchiamo di combattere.
Earth Riot parla di multinazionali, ma non solo, per mascherare i crimini che vengono commessi a monte, prendere di mira un obiettivo in particolare rendere la situazione più chiara alle persone che in automatico iniziano a provare interesse anche verso altre cause.
A noi piace pensare che chiunque possa far parte di Earth Riot, noi non facciamo altro che diffondere informazione pulita, una volta che le persone apprendono la verità e iniziano autonomamente a diffonderla a loro volta è già una grandissima vittoria, è di questo che la lotta ha bisogno.
Cos’altro si potrebbe fare di incisivo? Tutt* possono fare attivismo, purchè venga fatto in maniera responsabile, non per propri interessi o per nutrire il proprio ego, ma perché ci si riconosce nei principi dell’antispecismo.
L’attivismo antispecista è uno studio costante, questo forse è l’aspetto che spesso manca alla lotta, presentarsi in piazza tanto per far qualcosa non serve, è necessario ragionare sulle modalità di condurre la lotta, il linguaggio e le immagini da utilizzate, è un “lavoro” di comunicazione è deve esser fatto in maniera intelligente perché in ballo non c’è la vita dell’attivista, ma la libertà dell’oppress* di turno e del Pianeta stesso.
Sotto questo aspetto sono stato molto fortunato e non mi sarei mai sognato di contribuire a dar vita a Earth Riot se non fosse stato per l’incontro con Matilde Deschain, grazie a cui ho compreso l’importanza della comunicazione, del linguaggio e il vero potere delle parole.
Ricercare, rinnovare, riflettere su quello che si sta facendo e farlo sempre con molta umiltà, questa potrebbe essere la ricetta giusta per un buon attivismo antispecista che deve esser servito come fosse un piatto unico, un piatto nonviolento ovviamente.
Non posso riportarti il complimento più bello che abbiamo ricevuto in questi anni perché potrebbe essere ritenuto volgare dai tuoi lettori, in pratica ci hanno detto che siamo molto puntigliosi.
G.B.: cosa ne pensi del movimento animalista? e di quello antispecista?
S.S.: Non mi piace particolarmente parlare di movimento animalista, perché troppo spesso ha dimostrato di essere, paradossalmente, un movimento specista, limitato, privo di una vera identità e di principi puri, oltre a subire tristissime infiltrazioni fasciste che di fatto demoliscono la credibilità della lotta.
Bisogna invece parlare di movimento antispecista, di cultura antispecista, un concetto che è agli albori, e che ognun* di noi ha la possibilità, ma soprattutto la responsabilità e il dovere, di alimentare, difendere e diffondere.
Al momento purtroppo trovo che vi sia molta confusione su ciò che rappresenta realmente l’atispecismo, molti pensano che basti esser vegan e fare attivismo animalista per portare avanti questo concetto, ma invece non è tutto qua.
Si può dire che il veganismo sia il punto di partenza, mentre l’antispecismo è il percorso da intraprendere, un percorso che è la naturale evoluzione dell’antifascismo, antirazzismo, antissessismo, ecc.
Il movimento antispecista dovrebbe essere questo: esser sempre presente in ogni lotta per la liberazione animale, umana o della Terra, fondersi con gli altri movimenti affini, senza presunzione, accettando il fatto che è solo attraverso il confronto che si può diffondere la verità e trasmettere i principi dell’antispecismo stesso.
Il pericolo più grande che sta correndo il movimento antispecista è che muoia ancora prima di svilupparsi. Come è capitato in passato per il movimento punk e per molti altri, sta già subendo un attacco dall’industria che tenta di mercificare i principi dell’antispecismo riducendo il tutto ad una scelta alimentare. Sono già molti i marchi, veri simboli dello sfruttamento globalizzato, a proporre prodotti industriali antispecisti: una contraddizione in termini sotto ogni aspetto. Ecco, la sconfitta più grande del movimento antispecista sarebbe permettere questo processo, accoglierlo con passività e rassegnazione. Invece è in questi momenti storici che bisogna alzarsi in piedi, scendere in piazza e rivendicare i principi del movimento.
G.B.: credi che si potrà mai compattare il movimento animalista, in considerazione del fatto acclarato che è diviso in tanti piccoli gruppi?
Il pericolo più grande che sta correndo il movimento antispecista è che muoia ancora prima di svilupparsi. Come è capitato in passato per il movimento punk e per molti altri, sta già subendo un attacco dall’industria che tenta di mercificare i principi dell’antispecismo riducendo il tutto ad una scelta alimentare. Sono già molti i marchi, veri simboli dello sfruttamento globalizzato, a proporre prodotti industriali antispecisti: una contraddizione in termini sotto ogni aspetto. Ecco, la sconfitta più grande del movimento antispecista sarebbe permettere questo processo, accoglierlo con passività e rassegnazione. Invece è in questi momenti storici che bisogna alzarsi in piedi, scendere in piazza e rivendicare i principi del movimento.
G.B.: credi che si potrà mai compattare il movimento animalista, in considerazione del fatto acclarato che è diviso in tanti piccoli gruppi?
S.S.: Il problema non è rappresentato tanto dal fatto che vi siano tanti piccoli gruppi, ben vengano.
Il problema è rappresentato da quei gruppi privi di un’identità, che fanno attivismo tanto per farlo, fine a se stesso, senza un’organizzazione, senza porsi obiettivi, ma, soprattutto, senza i giusti principi.
Io credo che la grandezza di un gruppo, e quindi la sua efficacia, non sia data dal numero dei suoi membri, ma dalla virtù dei valori espressi, in realtà meno si è e più si può lavorare bene.
Il movimento animalista al momento non può compattarsi, non per l’esistenza di tanti gruppi, ma perché molti di questi fanno attivismo per i motivi sbagliati: interessi mal celati, futili rivalità con altri gruppi, desiderio di apparire, ma soprattutto per la conduzione di un attivismo specista e settario.
G.B.: cosa ne pensi delle grandi associazioni che si occupano di animali ed ecologia?
Earth Riot si è sempre dichiarata contro ogni forma di associazionismo perché questo determina già l’esistenza di una gerarchia all’interno di quella determinata associazione, il che non ha nulla a che vedere con il concetto di uguaglianza, principio cardine sia nella lotta per la liberazione animale, che in quella umana e della Terra.
Detto questo, sono rare le grandi associazioni che si possono salvare, la maggior parte non sono altro che multinazionali dell’attivismo, che riducono la lotta ad una donazione in denaro di cui non si conosce con certezza la fine, o nel privare le persone di ogni responsabilità effettiva limitando il loro contributo ad una sterile firma su qualche petizione.
Tutto questo sta allontanando le persone dalla lotta di piazza, dal fare qualcosa in prima persona che possa contribuire realmente a cambiare le cose, oltre che a responsabilizzare le persone stesse.
Ci sono poi associazioni che puntano, direttamente o indirettamente, a privatizzare l’attivismo, un processo che sta segnando la fine di tanti gruppi libertari perché prosciugati dei propri membri.
Questo sta omologando l’attivismo, spesso riducendolo alla fotina su facebook e di riflesso a invogliare gli/le attivist* stess* a prendere parte solo a quelle iniziative che garantiscono l’apparizione su qualche giornale o gratificazioni di qualche tipo.
Sono sempre meno i/le coraggios* disposti a passare un pomeriggio sotto il sole cocente semplicemente per diffondere informazione pulita senza riceve nulla in cambio, nell’anonimato più totale; io ho la fortuna di conoscere un po’ di queste persone verso le quali nutro un profondo rispetto, sono loro a fare la differenza, non le “grandi associazioni”.
G.B.: se qualcun* volesse aiutare nelle campagne ancora attive Earth Riot, come e cosa potrebbe fare?
S.S.: Earth Riot e le cause per le quali combattiamo hanno bisogno di diffusione e partecipazione.
Il nostro marchio di fabbrica sono sempre state le iniziative accessibili a chiunque, ovunque le persone si trovino.
Ogni volta che lanciamo una campagna lo facciamo mettendo a disposizione il materiale necessario per lo svolgimento delle varie iniziative locali, e tutte le indicazioni utili per realizzarle.
Informazione libera e materiale libero per chiunque voglia usarlo, Earth Riot ha bisogno di questo, che venga diffuso ciò che mettiamo in rete che, però, deve uscire fuori dalla rete e invadere pacificamente le strade affinché l’informazione pulita possa scorrere ovunque.
Invito i tuoi lettori e le tue lettrici a visitare il nostro sito, a seguirci sui canali social (facebook, twitter, google+, instagram) mezzi che non ci entusiasmano in realtà, ma che in questo momento storico sono necessari per raggiungere le persone.
Uno degli obiettivi di Earth Riot è quello di riportare l’informazione e l’attivismo per le strade. Internet è uno strumento straordinario e molto efficace, ma rischia anche di limitare il lavoro svolto esclusivamente a chi frequenta i social o i siti. E' fondamentale invece riuscire a fornire un servizio a 360° che possa raggiungere chiunque. Perché questo sia possibile abbiamo bisogno che le singole persone nelle varie città si attivino autonomamente.
G.B.: so che avete attualmente attive alcune campagne di sensibilizzazione diffuse sul blog e sui social. Potresti ricordare ai lettori di G.B. quali sono?
S.S.: Al momento le campagne attive sono #STOPOdP contro il mercato dell’olio di palma e le produzioni agricole intensive in generale, e #OccupyMcDonaldsTOUR, mobilitazione che abbiamo il piacere di condurre insieme a te e ad altre realtà antispeciste.
Entrambe le campagne sono aperte a tutt* e abbiamo bisogno che vegano organizzati sempre nuovi presidi in sempre più città, rispettando i principi su cui poggiano queste mobilitazioni.
Per aderire è sufficiente contattarci e comunicarci dove e quando verranno svolti presidi, volantinaggi e iniziative inerenti alle campagne citate.
Prossimamente lanceremo una nuova campagna rivolta a Qatar2022, per denunciare i crimini sociali che si stanno consumando, come avevamo già fatto in occasione del mondiale brasiliano.
Ma oltre alle campagne c’è tutta l’informazione che diffondiamo sui nostri canali e gli articoli che pubblichiamo sul blog che necessitano di visibilità e diffusione.
G.B.: quali sono le difficoltà che incontrate nel rendere per lo meno efficaci le campagne di Earth Riot?
Per aderire è sufficiente contattarci e comunicarci dove e quando verranno svolti presidi, volantinaggi e iniziative inerenti alle campagne citate.
Prossimamente lanceremo una nuova campagna rivolta a Qatar2022, per denunciare i crimini sociali che si stanno consumando, come avevamo già fatto in occasione del mondiale brasiliano.
Ma oltre alle campagne c’è tutta l’informazione che diffondiamo sui nostri canali e gli articoli che pubblichiamo sul blog che necessitano di visibilità e diffusione.
G.B.: quali sono le difficoltà che incontrate nel rendere per lo meno efficaci le campagne di Earth Riot?
S.S.: Se non ti chiami Greenpeace, Lav o Wwf in questo paese difficilmente si viene presi seriamente, questa è la difficoltà maggiore; le persone preferiscono dare maggiore credito e credibilità al “grande” nome, piuttosto che valutare l’efficacia e il peso dell’informazione diffusa.
Spesso siamo costretti ad investire molto tempo nello smentire le menzogne, o l’informazione incoerente e fuorviante diffusa da queste, e altre, “grandi” associazioni.
A livello pratico poi, come ho già accennato in precedenza, le difficoltà sono rappresentate dalla sempre crescente mancanza di persone disposte a sporcarsi le mani senza avere nulla in cambio.
Nell’arco dell’anno organizziamo molti presidi, ma difficilmente riusciamo a superare le 10 presenze per ogni iniziativa. Però il rovescio della medaglia c’è sempre e devo dire che anche in 8, 10, o 12 siamo sempre stati in grado di fare un gran lavoro, a conferma che non sono i grandi numeri a fare la differenza, ma l’impegno che si mette nella lotta e il valore dei principi che si portano avanti.
G.B.: per chiudere ...un ultimo tuo pensiero/idea/aneddoto ce lo puoi lasciare?
Spesso siamo costretti ad investire molto tempo nello smentire le menzogne, o l’informazione incoerente e fuorviante diffusa da queste, e altre, “grandi” associazioni.
A livello pratico poi, come ho già accennato in precedenza, le difficoltà sono rappresentate dalla sempre crescente mancanza di persone disposte a sporcarsi le mani senza avere nulla in cambio.
Nell’arco dell’anno organizziamo molti presidi, ma difficilmente riusciamo a superare le 10 presenze per ogni iniziativa. Però il rovescio della medaglia c’è sempre e devo dire che anche in 8, 10, o 12 siamo sempre stati in grado di fare un gran lavoro, a conferma che non sono i grandi numeri a fare la differenza, ma l’impegno che si mette nella lotta e il valore dei principi che si portano avanti.
G.B.: per chiudere ...un ultimo tuo pensiero/idea/aneddoto ce lo puoi lasciare?
Qualche mese fa, in occasione di una delle tappe bolognesi di #OccupyMcDonaldsTOUR, mentre megafonavo spiegando le ragioni della protesta ho visto nelle vicinanze del nostro presidio dei volontari di Greenpeace che raccoglievano firme.
Uno di loro si è fermato ad ascoltare quanto stavamo sostenendo e diffondendo, e ad un certo punto si è tolto la pettorina di Greenpeace e per un po’ ci ha aiutato nel volantinaggio.
Quello che voglio dire è che non dovrebbe essere una pettorina, una bandiera, una sigla o un simbolo a rendere credibile e efficace la lotta che si sta conducendo, smettiamola di dare importanza alle apparenze e dedichiamoci invece alla sostanza delle cose.
Io che sto rispondendo sono solo una persona, sono le idee che contribuisco a diffondere che mi qualificano, non tanto chi sono, le persone vanno e vengono, ma le idee durano in eterno.
Mi prendo ancora un momento per ringraziarti Good Bear, per quello che fai, per come lo fai, per il tuo impegno nella difesa dell’attivismo antispecista libertario e perché dedichi la tua vita alla liberazione animale, umana e della Terra.
Uno di loro si è fermato ad ascoltare quanto stavamo sostenendo e diffondendo, e ad un certo punto si è tolto la pettorina di Greenpeace e per un po’ ci ha aiutato nel volantinaggio.
Quello che voglio dire è che non dovrebbe essere una pettorina, una bandiera, una sigla o un simbolo a rendere credibile e efficace la lotta che si sta conducendo, smettiamola di dare importanza alle apparenze e dedichiamoci invece alla sostanza delle cose.
Io che sto rispondendo sono solo una persona, sono le idee che contribuisco a diffondere che mi qualificano, non tanto chi sono, le persone vanno e vengono, ma le idee durano in eterno.
Mi prendo ancora un momento per ringraziarti Good Bear, per quello che fai, per come lo fai, per il tuo impegno nella difesa dell’attivismo antispecista libertario e perché dedichi la tua vita alla liberazione animale, umana e della Terra.
Buona lotta ribelli a tutt* quant*.
Ringraziamo Simo Strummer per le bellissime parole.
Alla prossima!!
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