Desirèe con te mi sento come a casa quindi senza ulteriori inutili preamboli ti farò alcune domande.
G.B.: Tutti coloro che si stanno impegnando nella lotta per liberazione animale, umana e della terra hanno avuto ad un certo punto della loro vita come una scintilla illuminante che ha permesso loro di aprire gli occhi sulla realtà delle immani ingiustizie che i più deboli subiscono ogni giorno. Quale è stata la tua "scintilla"? come e perchè hai cominciato a lottare per la liberazione animale?
D.M.: Mah, ti dirò…sono sempre stata molto legata agli animali. Ho assistito fin da piccola alle varie sevizie autorizzate su di loro.
Nonni cacciatori, zii macellai, nonne abituate a “gestire” pollai per l’autoconsumo familiare più mettici un po’ di pesca qua e là (mio padre spesso mi portava a pescare con lui, idem suo padre) ma continuavo a dissociare inconsciamente gli animali con i quali mi rapportavo da vivi da quelli che poi ritrovavo nella pentola.
Però piano piano iniziai a farla la connessione, forse già da quando mia nonna mi servì arrostito per bene quello che per qualche tempo era stato il mio pulcino domestico.
Spiego brevemente...Mi regalò uno dei pulcini destinati al suo pollaio, me ne presi cura fino a quando mia madre non sclerò perché era stanca di avere un polletto che scagazzava per casa, e lo riportammo dai nonni che lo misero nel pollaio insieme ai fratelli.
Ogni domenica lo tornavo a trovare e ogni domenica c’era pollo cotto in svariati modi e del quale mi nutrivo tranquillamente.
Fino a quando non venne la domenica in cui toccò al “mio” pollo…ricordo che andai a cercarlo, non lo trovai, corsi in casa chiedendo di lui e mi fu presentato nella teglia.
Un trauma.
Però rimasi sospesa nel limbo secondo il quale mangiare carne è normale per ancora qualche anno.
A 15 anni quindi ormai 20 anni fa, un documentario sullo sfruttamento, maltrattamento e uccisione di tutti gli animali senza distinzione di specie (rarissimo ai tempi: nel 1995 non c’era Facebook, non avevamo nemmeno l’ombra di un pc e figuriamoci se certe informazioni passavano per la tv) fu la mazzata finale.
Vedere-rivedere tutto in un colpo solo, concentrato in 30 fatali minuti, mi ha fatto rinunciare di colpo allo spezzatino mondiale di mia madre.
Però rimasi con la leggerezza che l’essere diventata vegetariana bastasse.
Ma non è così…con il passare degli anni mi rendevo conto che non stavo facendo abbastanza, che gli animali continuavano ad essere sfruttati ed uccisi, ma lavoravo in giro per l’Italia e procacciarmi cibo vegetariano già era difficile, figuriamoci vegano (anche se in verità ho scoperto poi quanto poco bastasse).
Complice una intolleranza mostruosa, nel 2010 finalmente diventai vegan.
Ma ancora mi sembrava di fare poco…conobbi allora persone della mia zona con le quali fare attivismo ed iniziai a fare presidi, banchetti informativi, manifestazioni ecc.
Ma niente..senso di impotenza ancora troppo alto..e l’animalismo fine a se stesso non mi rappresentava.
L’antispecismo lo conobbi grazie alla Rete VAI, dove conobbi Adriano Fragano e grazie ad Earth Riot imparai che non si può parlare e lottare di e per l’antispecismo andando a braccetto con le multinazionali e queste persone contribuirono tantissimo ad ampliarmi la prospettiva fino a farmi credere di poter davvero fare qualcosa di concreto, che andasse oltre al volantino dato alla persona giusta.. e dopo qualche anno mi ritrovai qui, con la persona davvero giusta nel luogo giusto dove poterlo fare.
G.B.: Il progetto Agripunk che tu e David state portando avanti è veramente importante per concretizzare la liberazione animale e l'antispecismo. Cosa ti ha portato a decidere di vivere ad Agripunk? Oltre ad un rifugio per animali salvati dalla mercificazione delle loro carni, cos'altro si potrebbe fare di incisivo e risolutorio per realizzare la liberazione animale?
D.M.: Quando conobbi David non era vegano, nemmeno vegetariano, ma era aperto, intelligente, stimolante e lottava da una vita per gli altri.
Abitava accanto ad un luogo che per me rappresentava l’inferno in terra, la cattedrale dello sfruttamento…un allevamento intensivo di tacchini per uno dei maggiori magnati del mercato di carne avicola.
Uno di quei posti che riesci a vedere e vivere solo se ci abiti vicino o se riesci ad entrarci per fare un’investigazione, quindi tradotto per i comuni mortali, un luogo che vedi solo nelle investigazioni.
Con David fu colpo di fulmine, iniziammo a frequentarci, venivo a trovarlo ogni 2 settimane e ogni 2 settimane mi portava a vedere quel posto per me fino a prima proibito ma al quale lui aveva accesso.
Io poi dovetti tornare al nord perché ero in cassa integrazione e mi avevano richiamato al lavoro, quindi lui mi seguì e lasciammo i tacchini detenuti in quell’allevamento, da soli.
A Natale tornammo qui e rivedere questo posto dopo 4 mesi fu per noi un colpo al cuore…decidemmo di tornare e di fare qualcosa, qualunque cosa, per dare una fine a tutto questo…tutto il resto ormai è storia, la storia che ben conosci.
Mi chiedi che cosa si può fare di incisivo e io ti rispondo... quello che abbiamo fatto noi, che poi è quello che ha fatto anche il Coordinamento Fermare Green Hill a Montichiari e che ci ha ispirato: piano piano, di continuo, con costanza, raccogliere informazioni, fare informazione, portare alla luce le sevizie nascoste, farsi ascoltare dagli abitanti, non avere paura di salire su un tetto per dare voce a chi è rinchiuso.
Questo abbiamo fatto…piano piano, senza salire sui tetti ma entrando di notte, fotografando e facendo vedere quello che fotografavamo alle persone giuste.
Non è una missione impossibile..chiunque ha vicino a casa un luogo di torture che sia un allevamento, una macelleria, un mattatoio.
Le proteste di piazza servono, certo, ma come abbiamo scritto nel primo comunicato di adesione alla campagna Nomattatoio, è davanti ai luoghi dello sfruttamento che si deve andare.
Una sera qui si discuteva di come fare qualcosa di incisivo e si parlò di questo.
Si portò questo esempio: se invece di sbatterci praticamente da soli, davanti a questo allevamento si fossero organizzati dei presidi, bloccati i camion, incatenati al cancello...si sarebbe risolto prima il problema? Probabilmente si!
Quindi il consiglio che posso dare è questo: andate a rompere le scatole nei posti giusti! Qualcosa di irregolare c’è sempre, non abbiate paura di agire in prima persona perché dietro ad ogni animale liberato, non ci sono sigle, associazioni o enti, ci sono solo persone che hanno le palle di cercare di cambiare il mondo.
G.B.: cosa ne pensi del movimento animalista? e di quello antispecista?
D.M.: Domanda di riserva? Lo sai come la penso…il movimento animalista ora come ora è limitante e limitato.
Come dice anche Simo Strummer, è ormai permeato di specismo.
Singole campagne a compartimenti stagni, il voler per forza legittimare i diritti di un animale in funzione al suo essere ridefinito “da compagnia” come se la funzione di animale domestico fosse l’unica che un animale deve avere per essere considerato un individuo meritevole di diritti di fatto annullando il proprio diritto fondamentale ed essenziale di essere semplicemente un animale al quale viene permesso di vivere la vita che più gli è consona a seconda della propria specie ed individualità.
Come ad esempio le campagne che paragonano cani ad altri animali..certo funziona per far connettere alla gente che hanno i medesimi diritti, ma porta tante persone a credere alla realtà distorta che una pecora, un vitello od una gallina siano come un cane quindi proiettano in quell’animale tutte le paranoie affettive che di solito si riversano sul cane (guinzagli, vivere in casa, cibo elaborato ed industriale, tosature ecc ecc ecc) il che va assolutamente contro al riconoscimento di ogni individuo nel rispetto delle sue meravigliose particolarità.
Su quello antispecista non saprei che risponderti…mi sembra che si stia cercando di affossarlo al grido di “agli animali non interessa nulla della politica” non considerando affatto che da quando ti alzi la mattina dal letto, qualsiasi scelta che fai durante il giorno, è una scelta politica.
Ci sono tantissime persone valide ma anche tanta confusione e litigi.
Si pensa di più a firmare petizioni on line piuttosto che bloccare i camion davanti ad un mattatoio, si pensa di più alle condivisioni delle foto (segnaletiche?) alle manifestazioni su Facebook piuttosto che al risultato reale e concreto di un’iniziativa.
Insomma penso che tanti parlino di antispecismo senza capire davvero la sua essenza, ma devo ancora capirla anch’io quindi lascio la parola agli esperti ed ai filosofi.
(In linea di massima comunque anche qui la penso come Simo, ho fatto l’errore di leggere la sua intervista prima di scrivere la mia e, ritrovandomi moltissimo in quello che dice lui non vorrei essere ripetitiva).
G.B.: credi che si potrà mai compattare il movimento animalista, in considerazione del fatto acclarato che è diviso in tanti piccoli gruppi?
D.M.: Auspicherei piuttosto una conversione da movimento animalista a movimento antispecista, in primis, ma la vedo ben dura visto lo zoccolo duro di “animalisti-che-me-frega-solo-degli-animali-e-l’uomo-si-deve -solo-estinguere” oltre ad animalari vari che non hanno la minima concezione di cosa necessita un individuo per essere davvero libero, fascio-animalisti che non capiscono che la liberazione animale non potrà mai avvenire se non ci sarà quella umana e della terra...
Secondo, credo che le suddivisioni per forza di cose ci saranno sempre…alcune sono necessarie, altre deleterie.
I piccoli gruppi è un bene che esistano, tante piccole realtà che condividono la stessa filosofia e che all’occorrenza si danno man forte tra di se piuttosto che tante individualità oppresse dietro ad una pettorina di grandi associazioni .
Però sarebbe bello che il rapporto fosse sempre costruttivo, le critiche reciproche finalizzate alla crescita…invece spesso ci si trova a scontrarsi di più tra attivisti perché ognuno crede di avere la verità in tasca.
Penso che ci vorrebbe un po’ più di spirito di collaborazione e meno egocentrismo, più partecipazione fisica e meno fisime da social, più iniziativa e meno polemica.
G.B.: cosa ne pensi delle grandi associazioni che si occupano di animali? (domandone :D )
D.M.: Ci sono associazioni ed associazioni.
Noi ad esempio non volevamo essere nulla, non ci andava di imporre un ordine gerarchico con soci ecc ma per le finalità del progetto stesso, ci siamo trovati a dover fare una onlus.
Questo non significa sovvenzioni statali o particolari fondi dal Comune, sia ben chiaro! Significa solo che il nostro progetto, i suoi obbiettivi e finalità e il suo modo di operare, sono stati riconosciuti come qualcosa di utile per la tutela degli animali e dell’ambiente e basta! Ogni tanto ci affidano e ci lasciano in cura anche animali selvatici, ce li lasciano in regola con tutto ma senza sborsare nemmeno un centesimo.
Ogni singola monetina raccolta con le attività (cene, banchini ecc) e con le donazioni confluisce esclusivamente nel progetto (cura degli animali, bonifica ambientale, costruzioni e restauri) il tutto nella più estrema chiarezza ed onestà.
Non prendiamo una vacanza da 3 anni, non andiamo a feste o concerti, non andiamo mai a mangiare fuori, la macchina anche se è mia la usiamo solo per estreme necessità correlate al progetto ed è una povera utilitaria con 14 anni di vita, 11 dei quali passati con la sottoscritta.
Tutto quello che avevamo è qui e viviamo in funzione di questo posto, siamo un’associazione solo perché per la mole del progetto, fare così era l’unica maniera per poter concentrare tutte le risorse nel progetto stesso.
Quello che stiamo facendo, stiamo riuscendo a farlo anche grazie all’aiuto di alcune associazioni, oltre che a gruppi spontanei e singole persone (e tu lo sai bene perché ne fai parte).
Ci sono tante associazioni che sono meritevoli di stima, i cui risultati si possono vedere e toccare, con attivisti che si mettono in gioco in prima persona.
Purtroppo però ci sono anche quelle che tendono ad annientare la singola persona e le singole idee, nascondendole dietro a sigle, bandiere e nomi uniformando e a volte banalizzando il messaggio che si vuole trasmettere.
Realtà piccole ed indipendenti a queste grandi associazioni danno noia, tolgono visibilità e fondi e per questo tentano di inglobarle ed annientarle.
Molte associazioni grosse avrebbero enormi potenzialità e potrebbero avere le risorse per fare tantissimo, ed era la cosa sulla quale avevamo puntato sia per far chiudere l’allevamento, sia per non farlo riaprire…ma abbiamo trovato sì tante persone meravigliose che stanno condividendo con noi tutto questo, ma anche tante porte sbattute in faccia.
Tutti vogliono sapere che facciamo, come funziona, i come cosa perché…ma poi vedi che ti fregano le idee, addirittura le parole, fraintendono o fanno finta di non capire, promettono mari e monti ma alla fin fine spariscono come neve al sole.
Però ad esempio alcuni dei nostri amici e sostenitori fanno pure parte di quelle associazioni, per assurdo.
Quindi ridiamo il potere e la voce ai singoli attivisti, non facciamoci inglobare nelle multinazionali anche in questo.
G.B.: se qualcun* volesse aiutare Agripunk, come e cosa potrebbe fare?
D.M.: Iniziare a pensare con la propria testa ed agire per la liberazione totale in prima persona.
Nel caso non vi sentiate ancora pronti, potete aiutare noi a costruire questa oasi selvaggia, convertire l’ormai ex allevamento, diffondere il nostro verbo (uahuah scherzo ovviamente) venendo a trovarci come volontari (previo colloquio super serissimo visti episodi di strani volontari che scompaiono nel nulla…arrivano quando gli dici di non arrivare e se ne vanno prima che ti sia alzato dal letto senza nemmeno lasciare un biglietto…Ale, si, parlo di te), organizzando eventi benefit qui da noi oppure nei vostri paesi, diffondendo il nostro materiale nei vostri banchini informativi oppure facendo un banchino per noi ai vari eventi (noi non sempre possiamo muoverci da casa..anzi), partecipando alle nostre iniziative.
A settembre vorremmo riprendere a fare eventi con ospiti dell’ambiente antispecista quindi se volete organizzare e venire come nostri ospiti e come relatori, contattateci.
G.B.: so che avete, tu e David, organizzato alcuni eventi diffusi su facebook e sul vostro blog per autofinanziarvi. Potresti ricordare ai lettori di G.B. date ed eventi ancora attivi?
D.M.: Certo! Abbiamo in corso la campagna “Regala una colazione al mese” che è una sorta di adozione a distanza di tutte le belve, poi organizziamo per tutta l’estate cene su prenotazione e/o pranzi nei week end (Agripunk Summer Week End).
Abbiamo anche una raccolta fondi su Buonacausa.org per la recinzione e la cartellatura di parte del confine.
Come ti dicevo prima, da Settembre e per tutto l’inverno organizzeremo degli incontri in cui ci sfameremo con le solite delizie della terra e poi ci prenderemo un caffè parlando di antispecismo con chi vorrà venire a dire la sua, tutti insieme.
G.B.: quali sono le difficoltà di gestione concreta di un rifugio per animali?
D.M.: La raccolta dei fondi, l’ignoranza di alcuni individui e le gelosie.
Ah ma aspetta, intendevi la gestione degli animali, ops…ultimamente facciamo più fatica a gestire le pubbliche relazioni che il rifugio...
Comunque, ogni animale che arriva qui ha una storia, un trascorso, un passato.
L’anno scorso ho frequentato lo stage di Vitadacani al Parco faunistico dell’Abatino, dove ho avuto la immensa fortuna di relazionarmi con gli animali delle più svariate specie e con le più svariate esperienze personali.
Questo mi è stato fondamentale per capire come relazionarmi con loro nel migliore dei modi.
C’è l’animale che è stato salvato, ha vissuto una vita serena ma per vari motivi non può più restare con il proprio amico umano, c’è l’animale che viene salvato e portato qui direttamente, c’è l’animale che ha subito maltrattamenti o traumi ecc. insomma, ognuno di loro va seguito e gestito secondo il caso specifico, secondo le sue esigenze specie-specifiche e a seconda di che trauma ha subito, se ne ha subiti.
Ognuno di loro però ha anche un carattere, un’individualità, un modo di comunicare.
Nei cortei gridiamo sempre giustificando che lo facciamo per chi non ha voce, cosa secondo me sbagliatissima perché ognuno di loro ha una voce, un linguaggio ben preciso ma siamo noi così specisti da pretendere che ognuno di loro impari a comunicare con noi secondo il nostro di linguaggio perché il loro non abbiamo il tempo e la voglia di impararlo.
Invece la cosa bella di vivere con loro, è proprio imparare il loro linguaggio, capire cosa vuole ognuno di loro anche solo con uno sguardo e quando ci riesci, ti si spalanca un mondo meraviglioso.
Entri in una dimensione in cui vedi che loro davvero ti considerano parte del loro mondo, un loro pari e non più un invasore o sfruttatore.
Imparare i loro versi, seguirli nelle loro attività, stare ad osservarli nascosta in silenzio mi sta facendo crescere sempre di più con la consapevolezza che una convivenza pacifica è davvero possibile e che tutti, se fatta nel modo più rispettoso della singola natura di ognuno di noi, ne possono trarre giovamento ma non solo! E’ l’unica via possibile.
G.B.: per chiudere ...un ultimo tuo pensiero/idea/aneddoto ce lo puoi lasciare?
D.M.: Idea assolutamente no perché sennò poi tanto le leggono e ce la fregano (eheheh).
Pensieri te ne ho lasciati un bel po'... dunque potrei raccontarti un aneddoto divertente oppure uno strappalacrime.. potrei raccontarti degli strani amori interspecie che nascono, potrei raccontarti di come gli animali selvatici iniziano ad avvicinarsi, potrei raccontarti l’emozione che ogni animaletto ferito ti da quando guarito torna alle sue cose, potrei raccontarti il canto dei grilli, quello dei rospi o di quello delle gazze, potrei raccontarti quanto è bello vedere quei 7 mostri vuoti, potrei raccontarti la malinconia serale di un tacchina…potrei raccontarti tante cose…qui ogni giorno ne accadono di ogni colore!
Ma preferisco lasciarti con un ringraziamento…a te e al resto della banda che sta permettendo che tutto questo sia possibile.
A tutte le persone che sono citate qui sopra e anche quelle non citate ma che sanno che sto parlando di loro, persone che ci hanno formato, ispirato, sostenuto e fortificato e che ci stanno accanto ogni giorno concretamente per realizzare questa cosa che non è più un sogno, ma una solida realtà, un albero ferrato con solide radici e con una linfa vitale da far paura a chi vorrebbe disboscare gli ideali sui quali è cresciuto.
Grazie anche a chi ci attacca, a chi non ci crede, a chi ci critica e a chi mette bocca senza sapere…tutto questo ci serve tantissimo ad essere ancora più determinati!
Detto ciò muoviti, Good Bear! Prendi il treno e vieni a tagliare un po’di legna!!
Carissima, è sempre una grande emozione per un cittadino come me interagire con Coco e Frida, Giorgina, Pablo, Giacomino e tutti gli altri meravigliosi esseri viventi, senzienti e liberi ospitati ad Agripunk: osservarli mi mette pace e serenità dentro e mi è di stimolo a continuare su questa nostra lunga e tortuosa strada che abbiamo insieme intrapreso. Verrò entro poco tempo da voi a tagliare legna per l'inverno o a fare qualsiasi altra cosa utile per le belvette.
Un saluto fraterno. G.B.
Ringraziamo Desirèe che ci ha rilasciato questa, spero stimolante per lei, intervista.
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G.B.: Tutti coloro che si stanno impegnando nella lotta per liberazione animale, umana e della terra hanno avuto ad un certo punto della loro vita come una scintilla illuminante che ha permesso loro di aprire gli occhi sulla realtà delle immani ingiustizie che i più deboli subiscono ogni giorno. Quale è stata la tua "scintilla"? come e perchè hai cominciato a lottare per la liberazione animale?
D.M.: Mah, ti dirò…sono sempre stata molto legata agli animali. Ho assistito fin da piccola alle varie sevizie autorizzate su di loro.
Nonni cacciatori, zii macellai, nonne abituate a “gestire” pollai per l’autoconsumo familiare più mettici un po’ di pesca qua e là (mio padre spesso mi portava a pescare con lui, idem suo padre) ma continuavo a dissociare inconsciamente gli animali con i quali mi rapportavo da vivi da quelli che poi ritrovavo nella pentola.
Però piano piano iniziai a farla la connessione, forse già da quando mia nonna mi servì arrostito per bene quello che per qualche tempo era stato il mio pulcino domestico.
Spiego brevemente...Mi regalò uno dei pulcini destinati al suo pollaio, me ne presi cura fino a quando mia madre non sclerò perché era stanca di avere un polletto che scagazzava per casa, e lo riportammo dai nonni che lo misero nel pollaio insieme ai fratelli.
Ogni domenica lo tornavo a trovare e ogni domenica c’era pollo cotto in svariati modi e del quale mi nutrivo tranquillamente.
Fino a quando non venne la domenica in cui toccò al “mio” pollo…ricordo che andai a cercarlo, non lo trovai, corsi in casa chiedendo di lui e mi fu presentato nella teglia.
Un trauma.
Però rimasi sospesa nel limbo secondo il quale mangiare carne è normale per ancora qualche anno.
A 15 anni quindi ormai 20 anni fa, un documentario sullo sfruttamento, maltrattamento e uccisione di tutti gli animali senza distinzione di specie (rarissimo ai tempi: nel 1995 non c’era Facebook, non avevamo nemmeno l’ombra di un pc e figuriamoci se certe informazioni passavano per la tv) fu la mazzata finale.
Vedere-rivedere tutto in un colpo solo, concentrato in 30 fatali minuti, mi ha fatto rinunciare di colpo allo spezzatino mondiale di mia madre.
Però rimasi con la leggerezza che l’essere diventata vegetariana bastasse.
Ma non è così…con il passare degli anni mi rendevo conto che non stavo facendo abbastanza, che gli animali continuavano ad essere sfruttati ed uccisi, ma lavoravo in giro per l’Italia e procacciarmi cibo vegetariano già era difficile, figuriamoci vegano (anche se in verità ho scoperto poi quanto poco bastasse).
Complice una intolleranza mostruosa, nel 2010 finalmente diventai vegan.
Ma ancora mi sembrava di fare poco…conobbi allora persone della mia zona con le quali fare attivismo ed iniziai a fare presidi, banchetti informativi, manifestazioni ecc.
Ma niente..senso di impotenza ancora troppo alto..e l’animalismo fine a se stesso non mi rappresentava.
L’antispecismo lo conobbi grazie alla Rete VAI, dove conobbi Adriano Fragano e grazie ad Earth Riot imparai che non si può parlare e lottare di e per l’antispecismo andando a braccetto con le multinazionali e queste persone contribuirono tantissimo ad ampliarmi la prospettiva fino a farmi credere di poter davvero fare qualcosa di concreto, che andasse oltre al volantino dato alla persona giusta.. e dopo qualche anno mi ritrovai qui, con la persona davvero giusta nel luogo giusto dove poterlo fare.
G.B.: Il progetto Agripunk che tu e David state portando avanti è veramente importante per concretizzare la liberazione animale e l'antispecismo. Cosa ti ha portato a decidere di vivere ad Agripunk? Oltre ad un rifugio per animali salvati dalla mercificazione delle loro carni, cos'altro si potrebbe fare di incisivo e risolutorio per realizzare la liberazione animale?
D.M.: Quando conobbi David non era vegano, nemmeno vegetariano, ma era aperto, intelligente, stimolante e lottava da una vita per gli altri.
Abitava accanto ad un luogo che per me rappresentava l’inferno in terra, la cattedrale dello sfruttamento…un allevamento intensivo di tacchini per uno dei maggiori magnati del mercato di carne avicola.
Uno di quei posti che riesci a vedere e vivere solo se ci abiti vicino o se riesci ad entrarci per fare un’investigazione, quindi tradotto per i comuni mortali, un luogo che vedi solo nelle investigazioni.
Con David fu colpo di fulmine, iniziammo a frequentarci, venivo a trovarlo ogni 2 settimane e ogni 2 settimane mi portava a vedere quel posto per me fino a prima proibito ma al quale lui aveva accesso.
Io poi dovetti tornare al nord perché ero in cassa integrazione e mi avevano richiamato al lavoro, quindi lui mi seguì e lasciammo i tacchini detenuti in quell’allevamento, da soli.
A Natale tornammo qui e rivedere questo posto dopo 4 mesi fu per noi un colpo al cuore…decidemmo di tornare e di fare qualcosa, qualunque cosa, per dare una fine a tutto questo…tutto il resto ormai è storia, la storia che ben conosci.
Mi chiedi che cosa si può fare di incisivo e io ti rispondo... quello che abbiamo fatto noi, che poi è quello che ha fatto anche il Coordinamento Fermare Green Hill a Montichiari e che ci ha ispirato: piano piano, di continuo, con costanza, raccogliere informazioni, fare informazione, portare alla luce le sevizie nascoste, farsi ascoltare dagli abitanti, non avere paura di salire su un tetto per dare voce a chi è rinchiuso.
Questo abbiamo fatto…piano piano, senza salire sui tetti ma entrando di notte, fotografando e facendo vedere quello che fotografavamo alle persone giuste.
Non è una missione impossibile..chiunque ha vicino a casa un luogo di torture che sia un allevamento, una macelleria, un mattatoio.
Le proteste di piazza servono, certo, ma come abbiamo scritto nel primo comunicato di adesione alla campagna Nomattatoio, è davanti ai luoghi dello sfruttamento che si deve andare.
Una sera qui si discuteva di come fare qualcosa di incisivo e si parlò di questo.
Si portò questo esempio: se invece di sbatterci praticamente da soli, davanti a questo allevamento si fossero organizzati dei presidi, bloccati i camion, incatenati al cancello...si sarebbe risolto prima il problema? Probabilmente si!
Quindi il consiglio che posso dare è questo: andate a rompere le scatole nei posti giusti! Qualcosa di irregolare c’è sempre, non abbiate paura di agire in prima persona perché dietro ad ogni animale liberato, non ci sono sigle, associazioni o enti, ci sono solo persone che hanno le palle di cercare di cambiare il mondo.
G.B.: cosa ne pensi del movimento animalista? e di quello antispecista?
D.M.: Domanda di riserva? Lo sai come la penso…il movimento animalista ora come ora è limitante e limitato.
Come dice anche Simo Strummer, è ormai permeato di specismo.
Singole campagne a compartimenti stagni, il voler per forza legittimare i diritti di un animale in funzione al suo essere ridefinito “da compagnia” come se la funzione di animale domestico fosse l’unica che un animale deve avere per essere considerato un individuo meritevole di diritti di fatto annullando il proprio diritto fondamentale ed essenziale di essere semplicemente un animale al quale viene permesso di vivere la vita che più gli è consona a seconda della propria specie ed individualità.
Come ad esempio le campagne che paragonano cani ad altri animali..certo funziona per far connettere alla gente che hanno i medesimi diritti, ma porta tante persone a credere alla realtà distorta che una pecora, un vitello od una gallina siano come un cane quindi proiettano in quell’animale tutte le paranoie affettive che di solito si riversano sul cane (guinzagli, vivere in casa, cibo elaborato ed industriale, tosature ecc ecc ecc) il che va assolutamente contro al riconoscimento di ogni individuo nel rispetto delle sue meravigliose particolarità.
Su quello antispecista non saprei che risponderti…mi sembra che si stia cercando di affossarlo al grido di “agli animali non interessa nulla della politica” non considerando affatto che da quando ti alzi la mattina dal letto, qualsiasi scelta che fai durante il giorno, è una scelta politica.
Ci sono tantissime persone valide ma anche tanta confusione e litigi.
Si pensa di più a firmare petizioni on line piuttosto che bloccare i camion davanti ad un mattatoio, si pensa di più alle condivisioni delle foto (segnaletiche?) alle manifestazioni su Facebook piuttosto che al risultato reale e concreto di un’iniziativa.
Insomma penso che tanti parlino di antispecismo senza capire davvero la sua essenza, ma devo ancora capirla anch’io quindi lascio la parola agli esperti ed ai filosofi.
(In linea di massima comunque anche qui la penso come Simo, ho fatto l’errore di leggere la sua intervista prima di scrivere la mia e, ritrovandomi moltissimo in quello che dice lui non vorrei essere ripetitiva).
G.B.: credi che si potrà mai compattare il movimento animalista, in considerazione del fatto acclarato che è diviso in tanti piccoli gruppi?
D.M.: Auspicherei piuttosto una conversione da movimento animalista a movimento antispecista, in primis, ma la vedo ben dura visto lo zoccolo duro di “animalisti-che-me-frega-solo-degli-animali-e-l’uomo-si-deve -solo-estinguere” oltre ad animalari vari che non hanno la minima concezione di cosa necessita un individuo per essere davvero libero, fascio-animalisti che non capiscono che la liberazione animale non potrà mai avvenire se non ci sarà quella umana e della terra...
Secondo, credo che le suddivisioni per forza di cose ci saranno sempre…alcune sono necessarie, altre deleterie.
I piccoli gruppi è un bene che esistano, tante piccole realtà che condividono la stessa filosofia e che all’occorrenza si danno man forte tra di se piuttosto che tante individualità oppresse dietro ad una pettorina di grandi associazioni .
Però sarebbe bello che il rapporto fosse sempre costruttivo, le critiche reciproche finalizzate alla crescita…invece spesso ci si trova a scontrarsi di più tra attivisti perché ognuno crede di avere la verità in tasca.
Penso che ci vorrebbe un po’ più di spirito di collaborazione e meno egocentrismo, più partecipazione fisica e meno fisime da social, più iniziativa e meno polemica.
G.B.: cosa ne pensi delle grandi associazioni che si occupano di animali? (domandone :D )
D.M.: Ci sono associazioni ed associazioni.
Noi ad esempio non volevamo essere nulla, non ci andava di imporre un ordine gerarchico con soci ecc ma per le finalità del progetto stesso, ci siamo trovati a dover fare una onlus.
Questo non significa sovvenzioni statali o particolari fondi dal Comune, sia ben chiaro! Significa solo che il nostro progetto, i suoi obbiettivi e finalità e il suo modo di operare, sono stati riconosciuti come qualcosa di utile per la tutela degli animali e dell’ambiente e basta! Ogni tanto ci affidano e ci lasciano in cura anche animali selvatici, ce li lasciano in regola con tutto ma senza sborsare nemmeno un centesimo.
Ogni singola monetina raccolta con le attività (cene, banchini ecc) e con le donazioni confluisce esclusivamente nel progetto (cura degli animali, bonifica ambientale, costruzioni e restauri) il tutto nella più estrema chiarezza ed onestà.
Non prendiamo una vacanza da 3 anni, non andiamo a feste o concerti, non andiamo mai a mangiare fuori, la macchina anche se è mia la usiamo solo per estreme necessità correlate al progetto ed è una povera utilitaria con 14 anni di vita, 11 dei quali passati con la sottoscritta.
Tutto quello che avevamo è qui e viviamo in funzione di questo posto, siamo un’associazione solo perché per la mole del progetto, fare così era l’unica maniera per poter concentrare tutte le risorse nel progetto stesso.
Quello che stiamo facendo, stiamo riuscendo a farlo anche grazie all’aiuto di alcune associazioni, oltre che a gruppi spontanei e singole persone (e tu lo sai bene perché ne fai parte).
Ci sono tante associazioni che sono meritevoli di stima, i cui risultati si possono vedere e toccare, con attivisti che si mettono in gioco in prima persona.
Purtroppo però ci sono anche quelle che tendono ad annientare la singola persona e le singole idee, nascondendole dietro a sigle, bandiere e nomi uniformando e a volte banalizzando il messaggio che si vuole trasmettere.
Realtà piccole ed indipendenti a queste grandi associazioni danno noia, tolgono visibilità e fondi e per questo tentano di inglobarle ed annientarle.
Molte associazioni grosse avrebbero enormi potenzialità e potrebbero avere le risorse per fare tantissimo, ed era la cosa sulla quale avevamo puntato sia per far chiudere l’allevamento, sia per non farlo riaprire…ma abbiamo trovato sì tante persone meravigliose che stanno condividendo con noi tutto questo, ma anche tante porte sbattute in faccia.
Tutti vogliono sapere che facciamo, come funziona, i come cosa perché…ma poi vedi che ti fregano le idee, addirittura le parole, fraintendono o fanno finta di non capire, promettono mari e monti ma alla fin fine spariscono come neve al sole.
Però ad esempio alcuni dei nostri amici e sostenitori fanno pure parte di quelle associazioni, per assurdo.
Quindi ridiamo il potere e la voce ai singoli attivisti, non facciamoci inglobare nelle multinazionali anche in questo.
G.B.: se qualcun* volesse aiutare Agripunk, come e cosa potrebbe fare?
D.M.: Iniziare a pensare con la propria testa ed agire per la liberazione totale in prima persona.
Nel caso non vi sentiate ancora pronti, potete aiutare noi a costruire questa oasi selvaggia, convertire l’ormai ex allevamento, diffondere il nostro verbo (uahuah scherzo ovviamente) venendo a trovarci come volontari (previo colloquio super serissimo visti episodi di strani volontari che scompaiono nel nulla…arrivano quando gli dici di non arrivare e se ne vanno prima che ti sia alzato dal letto senza nemmeno lasciare un biglietto…Ale, si, parlo di te), organizzando eventi benefit qui da noi oppure nei vostri paesi, diffondendo il nostro materiale nei vostri banchini informativi oppure facendo un banchino per noi ai vari eventi (noi non sempre possiamo muoverci da casa..anzi), partecipando alle nostre iniziative.
A settembre vorremmo riprendere a fare eventi con ospiti dell’ambiente antispecista quindi se volete organizzare e venire come nostri ospiti e come relatori, contattateci.
G.B.: so che avete, tu e David, organizzato alcuni eventi diffusi su facebook e sul vostro blog per autofinanziarvi. Potresti ricordare ai lettori di G.B. date ed eventi ancora attivi?
D.M.: Certo! Abbiamo in corso la campagna “Regala una colazione al mese” che è una sorta di adozione a distanza di tutte le belve, poi organizziamo per tutta l’estate cene su prenotazione e/o pranzi nei week end (Agripunk Summer Week End).
Abbiamo anche una raccolta fondi su Buonacausa.org per la recinzione e la cartellatura di parte del confine.
Come ti dicevo prima, da Settembre e per tutto l’inverno organizzeremo degli incontri in cui ci sfameremo con le solite delizie della terra e poi ci prenderemo un caffè parlando di antispecismo con chi vorrà venire a dire la sua, tutti insieme.
G.B.: quali sono le difficoltà di gestione concreta di un rifugio per animali?
D.M.: La raccolta dei fondi, l’ignoranza di alcuni individui e le gelosie.
Ah ma aspetta, intendevi la gestione degli animali, ops…ultimamente facciamo più fatica a gestire le pubbliche relazioni che il rifugio...
Comunque, ogni animale che arriva qui ha una storia, un trascorso, un passato.
L’anno scorso ho frequentato lo stage di Vitadacani al Parco faunistico dell’Abatino, dove ho avuto la immensa fortuna di relazionarmi con gli animali delle più svariate specie e con le più svariate esperienze personali.
Questo mi è stato fondamentale per capire come relazionarmi con loro nel migliore dei modi.
C’è l’animale che è stato salvato, ha vissuto una vita serena ma per vari motivi non può più restare con il proprio amico umano, c’è l’animale che viene salvato e portato qui direttamente, c’è l’animale che ha subito maltrattamenti o traumi ecc. insomma, ognuno di loro va seguito e gestito secondo il caso specifico, secondo le sue esigenze specie-specifiche e a seconda di che trauma ha subito, se ne ha subiti.
Ognuno di loro però ha anche un carattere, un’individualità, un modo di comunicare.
Nei cortei gridiamo sempre giustificando che lo facciamo per chi non ha voce, cosa secondo me sbagliatissima perché ognuno di loro ha una voce, un linguaggio ben preciso ma siamo noi così specisti da pretendere che ognuno di loro impari a comunicare con noi secondo il nostro di linguaggio perché il loro non abbiamo il tempo e la voglia di impararlo.
Invece la cosa bella di vivere con loro, è proprio imparare il loro linguaggio, capire cosa vuole ognuno di loro anche solo con uno sguardo e quando ci riesci, ti si spalanca un mondo meraviglioso.
Entri in una dimensione in cui vedi che loro davvero ti considerano parte del loro mondo, un loro pari e non più un invasore o sfruttatore.
Imparare i loro versi, seguirli nelle loro attività, stare ad osservarli nascosta in silenzio mi sta facendo crescere sempre di più con la consapevolezza che una convivenza pacifica è davvero possibile e che tutti, se fatta nel modo più rispettoso della singola natura di ognuno di noi, ne possono trarre giovamento ma non solo! E’ l’unica via possibile.
G.B.: per chiudere ...un ultimo tuo pensiero/idea/aneddoto ce lo puoi lasciare?
D.M.: Idea assolutamente no perché sennò poi tanto le leggono e ce la fregano (eheheh).
Pensieri te ne ho lasciati un bel po'... dunque potrei raccontarti un aneddoto divertente oppure uno strappalacrime.. potrei raccontarti degli strani amori interspecie che nascono, potrei raccontarti di come gli animali selvatici iniziano ad avvicinarsi, potrei raccontarti l’emozione che ogni animaletto ferito ti da quando guarito torna alle sue cose, potrei raccontarti il canto dei grilli, quello dei rospi o di quello delle gazze, potrei raccontarti quanto è bello vedere quei 7 mostri vuoti, potrei raccontarti la malinconia serale di un tacchina…potrei raccontarti tante cose…qui ogni giorno ne accadono di ogni colore!
Ma preferisco lasciarti con un ringraziamento…a te e al resto della banda che sta permettendo che tutto questo sia possibile.
A tutte le persone che sono citate qui sopra e anche quelle non citate ma che sanno che sto parlando di loro, persone che ci hanno formato, ispirato, sostenuto e fortificato e che ci stanno accanto ogni giorno concretamente per realizzare questa cosa che non è più un sogno, ma una solida realtà, un albero ferrato con solide radici e con una linfa vitale da far paura a chi vorrebbe disboscare gli ideali sui quali è cresciuto.
Grazie anche a chi ci attacca, a chi non ci crede, a chi ci critica e a chi mette bocca senza sapere…tutto questo ci serve tantissimo ad essere ancora più determinati!
Detto ciò muoviti, Good Bear! Prendi il treno e vieni a tagliare un po’di legna!!
Carissima, è sempre una grande emozione per un cittadino come me interagire con Coco e Frida, Giorgina, Pablo, Giacomino e tutti gli altri meravigliosi esseri viventi, senzienti e liberi ospitati ad Agripunk: osservarli mi mette pace e serenità dentro e mi è di stimolo a continuare su questa nostra lunga e tortuosa strada che abbiamo insieme intrapreso. Verrò entro poco tempo da voi a tagliare legna per l'inverno o a fare qualsiasi altra cosa utile per le belvette.
Un saluto fraterno. G.B.
Ringraziamo Desirèe che ci ha rilasciato questa, spero stimolante per lei, intervista.
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