Il vero, unico e corretto manifesto della sagra degli osei.
resta aggiornato visitando il sito:
aiutaci a fermare la barbarie!!!
Nella caccia non vedo che un atto inumano e sanguinario, degno di uomini che conducono una vita senza coscienza, che non si armonizza con la civiltà e col grado di sviluppo , a cui noi ci crediamo arrivati. Basta immaginare la condotta dell’uomo durante la caccia per convincersi che, lasciando libero il passo ai suoi peggiori istinti, egli compie atti che, al solo pensarvi lo farebbero arrossire in altre situazioni. La sopraffazione, la perfidia, le trappole, l’imboscata, l’assalto di molti a uno solo, del forte contro il debole, il ratto dei piccini ai genitori e viceversa, sono altrettanti atti vili per se stessi…. compiuti apertamente durante la caccia”: si può proseguire parlando di costante suicidio morale dei cacciatori, dell’assenza di pietà, della gioia crudele di provocare dolore.
Sono solo alcune delle espressioni usate nel 1891 da Lev Tolstoj , che la caccia ben la conosceva per averla praticata prima che una salutare riflessione lo inducesse ad allontanarsene per sempre con il rimorso per quello che non aveva capito prima e per il male che aveva fatto.
La connotazione della caccia come attività crudele e incivile è oggi nel nostro paese estremamente diffusa, tanto che i cacciatori sono oggi una minoranza del tutto esigua, non più di 7/800 mila: una progressiva consapevolezza ha indotto un numero sempre crescente di persone non solo a non praticarla in prima persona, ma ad esprimerne una secca e definitiva condanna. Incredibilmente una classe politica sorda alle istanze dei cittadini, di cui dovrebbe essere l’espressione e interpretare la volontà, è succube e prona a una minoranza aggressiva e astorica. Di conseguenza è necessario ancora mobilitarsi per far valere i propri diritti di cittadini, ma soprattutto interpretare quelli di tutti gli animali, indifesi e senza voce, che ne sono le vittime incolpevoli.
E’ proprio su questa scia che si situa la Sagra degli Osei, celebrata con orgoglio a Sacile, provincia di Pordenone, che mette in mostra la prima domenica dopo ferragosto migliaia di “uccelli da richiamo”: espressione già di per sé latrice di una realtà di sopraffazione e inganno: già, perché questi uccelli , privati della libertà, rinchiusi in gabbie anguste, obbligati a spezzare il proprio volo contro le sbarre che incontrano cercando un sud, che li richiama nei periodi di migrazione, devono servire a loro insaputa e loro malgrado a tradire, con un canto, che è di desiderio, altri uccelli, e così portarli giusto giusto sulla traiettoria dei pallettoni dei cacciatori, armati e bardati per una guerra unilateralmente dichiarata, pronti ad atterrare con grande spreco di mezzi esserini di pochi grammi, incantati nel loro volo dalle lusinghe inconsapevoli di altri come loro e prima di loro vittime essi stessi. Non servono commenti: la realtà di prepotenza, sopraffazione e crudeltà è talmente evidente che ogni parola suonerebbe superflua.
Vale allora solo la pena di fare qualche riflessione sull’orgoglio esibito dalla comunità di Sacile, che celebra soddisfatta quella che cinicamente definisce “ festa della natura” con migliaia di uccelli prigionieri in gabbie piccole e sovraffollate: il tutto nel vanto di una tradizione, che 738 anni di storia non hanno scalfitto. Quello che in realtà ha luogo, nella “festa”, è un obnubilamento delle coscienze: l’enorme ingiustizia praticata nei confronti di vittime indifese non viene colta e l’attenzione del gentile pubblico, degli osservatori , dei media e, ahimè, anche dei bambini è chiamata a concentrarsi sul valore della tradizione. Ignorano evidentemente i responsabili che il termine stesso di “tradizione” fa riferimento ad un patrimonio di conoscenze, comportamenti, credenze, abitudini che viene tramandato di generazione in generazione per il significato positivo che comporta; e che il concetto stesso è dinamico perché si deve confrontare con una realtà intorno che è in costante mutamento .
Molte cose sono cambiate da quel 1271 a cui, piace tanto ricordare, risale l’odierna sagra: nel nostro mondo occidentale le donne si sono nel frattempo viste attribuire l’anima, loro negata per secoli, e (addirittura!) diritti civili e possibilità di votare; i bambini sono stati messi al riparo da sistemi educativi basati sull’uso di verga e bastone e protetti da immani sfruttamenti grazie ad una dichiarazione universale che li ha riconosciuti meritevoli di ben altri trattamenti; i folli non sono più esiliati dal consesso sociale perché indegni; i colpevoli di qualunque delitto non vengono da tempo esposti al pubblico ludibrio sulle pubbliche piazze. E via tormentando.
I diligenti organizzatori della sagra degli osei dovrebbero acquisire informazione che, nel frattempo, anche gli animali, proprio grazie ad ampi movimenti che hanno recepito le istanze insite in un radicato mutamento di convinzioni e di atteggiamenti, hanno acquisito diritti un tempo loro negati, in nome dei quali l’infierire e l’incrudelire su di loro non è più accettato dalle legge, ma neppure dalle coscienze: e non può essere un vacuo richiamo alla tradizione a cancellare l’ingiustizia del loro imprigionamento, la crudeltà dell’impedimento a volare al ritmo della loro natura. Dovrebbero anche interrogarsi sul modello etico che stanno proponendo a tutti quei bambini, che di certo saranno invitati ad ammirare lo spettacolo: un modello che esalta l’oppressione dl più forte a danno del più debole, esorta a disconoscere i segnali di sofferenza che gli uccelli mandano, educa all’insensibilità. Non è più, se mai lo è stato, tempo per tanta barbarie: è un’altra la società che va costruita, di altri modelli vi è imprescindibile bisogno: sono quelli in cui le differenze di specie siano occasione di allegra curiosità, in cui la natura venga rispettata nella sua variegata ricchezza, in cui la prevaricazione, su chiunque sia debole, desti disgusto. Tutti noi vogliamo e di sicuro lo vogliono tutti quei bambini la cui emotività non sia ancora stata travolta da una dissennata educazione alla insensibilità, vedere gli uccelli volare liberi, allontanarsi da noi insieme ai loro amici e verso di noi ritornare, se lo vogliono, a stormi, perché di noi si possono fidare. E’ il momento di celebrarla la natura non di umiliarla. E di un richiamo alla tradizione, utile solo a nascondere la grande ingiustizia in atto, francamente non sappiamo cosa farcene.
741 anni di schiavitù possono bastare???
Per quanto tempo ancora dovremo assistere a questi scempi???
#NOSAGRAOSEI
Nessun commento:
Posta un commento